2b) la filosofia
Rispondendo alle domande di Devahuti, Kapila esordisce dicendo che il più alto sistema di Yoga è quello che insegna la verità a riguardo del Signore (Paramatma) e dell’anima individuale (jivatma), e che dà beneficio vero e conclusivo a tutti quegli esseri viventi che soffrono vittime dell’illusione. Una qualità aggiuntiva deve essere quella di provocare il distacco sia dalle pene che dalle felicità del mondo materiale. Egli dice a sua madre di ascoltare con attenzione quell’antichissima saggezza, un sistema Yoga che non ha inizi nel tempo e che in precedenza aveva già enunciato a grandi saggi, dei quali non specifica l’identità.
Inizia dando una definizione della vita condizionata. Quella situazione in cui la coscienza dell’entità vivente è attratta ai “tre modi” della natura materiale è chiamata, per l’appunto, vita condizionata. E la liberazione da questa falsità consiste nell’attaccamento alla Suprema Personalità di Dio e si ottiene nel momento in cui si diventa completamente privi di ogni impurità causate della lussuria e dalle avidità.
Questi sentimenti negativi vengono prodotti dalla falsa identificazione col corpo. Quando si eliminano le concezioni errate per cui “l’io” è il corpo e tutto ciò che lo riguarda è “il mio”, la mente si purifica. In quella condizione si trascende lo stadio delle cosiddette felicità e sofferenza materiali.
A quel tempo l’anima si vede nella giusta prospettiva, cioè nelle vesti di un’entità trascendentale, mai frammentata e, sebbene molto minuta in grandezza, in nessun momento è soggetta alle tenebre dell’ignoranza. In quella posizione di realizzazione del sé, grazie alla pratica del servizio devozionale (che prevede la rinuncia al
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godimento dei sensi) lo yogi diventa indifferente a ogni illusione e l’influenza della materia agisce su di lui con incisività sempre decrescente.
Kapila adesso ribadisce forse con maggiore forza di altri il modo di ottenere la perfezione, quando afferma che nessuno, per quanto potente possa essere, è in grado di realizzarsi pienamente a meno che si impegni nella pratica del servizio devozionale alla Suprema Personalità di Dio. Dunque Sri Kapila pone enfasi sulla bhakti in modo molto vigoroso.
Ogni uomo istruito sa bene che l’attaccamento per le cose materiali è la più grande prigionia dell’anima spirituale, ma dovrebbe anche sapere che ciò che deve essere cambiato non è l’attaccamento in sé, ma l’oggetto a cui si rivolge l’attenzione. Infatti quello stesso attaccamento applicato a un soggetto di natura trascendentale apre le porte del mondo spirituale.
Per esempio, si dovrebbe sviluppare amore per quegli esseri che hanno già ottenuto la liberazione. Chi sono queste persone? I sintomi grazie ai quali possiamo riconoscere questi sadhu (persone sante) sono numerosi, ma i principali sono il distacco dalle cose terrene e l’intenso amore per Dio, che li porta a essere sempre impegnati a servirLo. E per questo servizio il bhakta rinuncia a ogni altra relazione, quale quella che lo lega alle famiglia o agli amici. In compagnia di tali puri devoti, le discussioni dei passatempi e
di tutte le altre attività della Suprema Personalità di Dio risultano estremamente piacevoli per l’orecchio e per il cuore. E la conoscenza spirituale penetra all’interno del fortunato cuore, che gradualmente avanza lungo il sentiero della liberazione.
Eventualmente il praticante si libera dai desideri degli oggetti materiali, anzi comincia a sentirne disgusto e la sua attenzione nei confronti di Dio diviene totale. Solo allora comincia la vera devozione e il servizio devozionale che ne consegue.
Questo Sankhya-yoga (o Coscienza di Krishna) è il processo più semplice ed efficace che esista. Se rifiutiamo di coinvolgerci nelle logiche depravate dei modi della natura materiale e vediamo crescere in noi la conoscenza e il piacere della rinuncia, e se ci aiutiamo con la pratica dello Yoga, che facilita la concentrazione, noi, i praticanti,
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in questa stessa vita possiamo ottenere la visione perfetta.
A questo punto Devahuti chiede ragguagli sulla pratica del
Bhakti-yoga, che è un altro nome che designa il Sankhya-yoga.
Come deve praticarlo? E come deve integrarlo con le discipline dello
Yoga mistico?
Kapila risponde dando delucidazioni sul sistema Sankhya, nel quale si sottolinea l’importanza dell’uso di ogni parte di sé stessi. E’ una combinazione di discipline yogiche, di esercizi intellettuali, di servizio devozionale. Poi il saggio precisa che tale saggezza è stata già tramandata in questo mondo attraverso il sistema parampara (tradizione nella quale la conoscenza discende da maestro a discepolo).
L’inclinazione naturale dei sensi è di agire secondo le direzioni delle ingiunzioni vediche, e quella della mente è di servire gli interessi dell’anima, cioè del proprio sé. Quando queste funzioni naturali sono impiegate nel servizio di devozione (del tipo puro, cioè privo di motivazioni personali), questo stadio è persino migliore della Salvezza, meglio cioè di abbandonare il mondo materiale per raggiungere Vaikuntha. Di per sé, per propria potenza intrinseca, la bhakti può dissolvere il corpo sottile dell’entità vivente il quale, con le sue chimere di felicità, la tiene prigioniera. Questo risultato può essere conseguito anche senza sforzi separati, senza nessun’altra pratica aggiuntiva.
Ma si deve stare attenti a non cadere nelle trappole micidiali di Maya: mai si deve desiderare di diventare un tutt’uno con Dio; bisogna sempre essere coscienti della Sua natura suprema.
Assorti in questa coscienza spirituale, i bhakta perdono completamente ogni connessione con l’esterno. Non si devono desiderare le gioie dei pianeti celestiali, né i poteri mistici che si ottengono con la pratica dell’ashtanga-yoga e neanche voler andare a godere delle gioie del regno di Narayana. Abbandonata ogni altra aspirazione, il devoto si trasferisce nella dimensione che è al di là della nascita e della morte. Solo allora si è protetti da ogni pericolo.
Poi Kapila Muni sottolinea ancora una volta che il servizio devozionale è il solo mezzo che consenta di ottenere la perfezione finale della vita.
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Ora Kapila procede a descrivere le differenti categorie della Verità Assoluta, premettendo che solo conoscendole è possibile liberarsi dalle influenze diaboliche della natura materiale. La conoscenza perfetta è in sé la Perfezione Ultima, in quanto ha il potere di tagliare i nodi dell’attaccamento alle cose del mondo materiale.
Inizia col descrivere le caratteristiche della Suprema Personalità di Dio, definendolo come una Persona Suprema e dotato di ogni qualità trascendentale.
Per una esibizione di esuberanza interiore, questa Persona Suprema manifesta l’energia materiale sottile, nella quale ci sono le tre influenze della natura materiale. Questi guna sono divisi in tre sezioni ed è grazie alla loro potenza che la natura materiale è in grado di creare la diversità.
Questa è una sezione del libro “Filosofie dell’India”, in lingua italiana.
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