2c) temi dominanti delle Upanishad
Certamente non possiamo sapere tutto delle Upanishad studiandone due sole, però a nostro parere questi riassunti illustrano in modo chiaro i temi dominanti che troveremo in tutte le scritture vedantiche.
In primo luogo abbiamo visto quanto nettamente si operi una divisione tra il materiale e lo spirituale. L’unica cosa che unisce queste due energie è la sorgente comune, che è Brahman, il Purusha, il Dio Supremo. Ma la loro è una natura completamente diversa. La prima è il mondo della verità, il luogo dove si vive in eterno; noi stessi, eternamente individui, abbiamo un corpo fatto di spirito, sat, cit e ananda, eterna felicità e conoscenza. La materia, al contrario, è la dimensione della falsità, dell’illusione, della temporaneità. Perciò il compito del saggio non potrà mai essere quello di crogiolarsi nelle vane soddisfazioni mondane, ma di elevarsi rifiutando l’illusione e abbracciando la verità. Ma, in pratica, come è possibile raggiungere questo stato di perfezione?
Si deve venerare Dio, concentrare la mente sui suoni trascendentali come Aum (Om) o altri, come il mantra Hare Krishna, seguire le strette discipline che coinvolgano il corpo, la lingua e
la mente, eliminare ogni desiderio di gioia indipendente. Tutto ciò può condurci alla discriminazione solida, cioè alla conoscenza trascendentale, quella che non ci fa tornare a considerare il falso come la verità.
E chi è questo Dio su cui dobbiamo meditare e a cui dobbiamo ricongiungerci?
Egli è l’essere originale e unico, da cui tutto origina. Ma questi
- una persona o un’energia? Qui dovremmo ora affrontare un argomento complesso; per secoli ognuno ha proclamato la propria interpretazione come quella giusta. C’è chi crede in un’energia impersonale, ma questa teoria è aperta a molte contraddizioni. Infatti la Upanishad parla di adorare Dio, ma se Lui non fosse una persona bensì una specie di “fluido” di sostanza spirituale nella quale dobbiamo tornare ad immergerci, realizzando che quello siamo noi, non si capisce chi e cosa dovremmo adorare.
La Isha Upanishad, come la Chhandogya, la Shvetashvatara e
17
le altre, indicano chiaramente un Dio personale, distinto dalle Sue emanazioni, uguale a noi solo qualitativamente. A costui, Vishnu, (come dice la Katha) dobbiamo arrenderci.
Però è anche vero che non tutte le Upanishad sono così nette e chiare sull’identità del Supremo Dio come invece lo sono altre scritture vedantiche, come la Bhagavad-gita e il Bhagavata Purana. Ma è ovvio che i Veda propongono una conoscenza graduale, che possa innalzare in direzione delle vette più alte ogni tipo di persona.
Questa è una sezione del libro “Filosofie dell’India”, in lingua italiana.
Per acquistare il libro completo, clicca qui sopra
Post view 688 times