Laksmana lascia Sita da sola

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Ma Sita incalzò e lo accusò ancora con durezza. Pieno di dolore e di rabbia, Laksmana decise che doveva andare.

“E sia. Io andrò a cercare mio fratello nella foresta. Disobbedirò ai suoi ordini, e sappi che stai correndo un grave pericolo. Ma ascoltami. Io creerò tutt’intorno a te un cerchio magico, attraverso il quale nessuno potrà passare. Questo ti proteggerà. Promettimi che non lascerai passare nessuno né oltrepasserai questo cerchio per nessun motivo.”

Sita, in preda all’ansietà, gli dette tutte le assicurazioni che chiedeva. Dopo aver tracciato il cerchio magico, Laksmana partì alla ricerca di Rama. 

Ravana rapisce Sita

Era il momento che Ravana stava aspettando.

Senza perdere tempo, prese le sembianze di un asceta e cantando mantra in lode a Shiva si diresse verso la capanna dove era Sita. Sita lo vide arrivare, ma non si insospettì. Un vecchio asceta che cantava preghiere a Shiva era un incontro comune nella foresta. Mentre si avvicinava, Ravana rimase folgorato dalla bellezza di Sita e la sua lussuria si accese. Ma ad un certo punto, inspiegabilmente, vide che non riusciva ad andare avanti. Il cerchio magico creato da Laksmana gli impediva di fare altri passi. Per quanto spingesse con tutte le sue forze non riuscì ad avanzare. Una violenta rabbia si accese nel suo cuore, ma la controllò. Sita vide il vecchio asceta visibilmente stanco ed affamato: non poteva sospettare chi fosse veramente. Mossa dalla pietà decise di portargli cibo e acqua. E oltrepassò il cerchio magico. Ravana ammirò più da vicino la sua bellezza senza difetti, e mentre aspettava il cibo e l’acqua che gli porgeva le rivolse la parola.

“Chi sei tu? E cosa fai qui da sola in questa foresta infestata da demoni cannibali? Non sai quale pericolo corri.”

“Sant’uomo,” rispose Sita con dolcezza. “Io non sono nata nella foresta, né sono figlia di qualche asceta. E non sono sola. Mio marito è andato a caccia di un meraviglioso cervo e presto sarà di ritorno con suo fratello. Io sono la figlia di un re, così come lo è il mio sposo. Siamo stati esiliati nella foresta per quattordici anni. Per questo sono qui ora sola in questa foresta pericolosa.”

“La tua bellezza è senza paragoni,” riprese Ravana, “e nemmeno i migliori poeti potrebbero descriverla. Una donna come te non dovrebbe vivere neanche un istante in un luogo così miserevole.”

Sita pensò che parole del genere erano alquanto strane nella bocca di un asceta e cominciò a sentirsi a disagio. Quel vecchio emanava un’atmosfera di estrema asprezza e negatività. Rispose che era il dovere di ogni moglie casta di seguire il marito qualunque sia il suo destino. Ora l’asceta quasi sghignazzava.

“Quando il marito cade in disgrazia, come il tuo Rama, bisogna abbandonarlo. La vita è fatta per provare le sue delizie. Che felicità può offrirti ora quel povero principe? Tu meriti molto di più: meriti di essere la regina del più grande re della terra.”

“Cosa dici?” replicò Sita sdegnata. “La più alta perfezione per una donna casta e onesta è quella di rimanere fedele al proprio marito in ogni circostanza: quando tutto va bene ma anche e forse soprattutto quando le cose vanno male. Io non tradirei mai Rama per niente e per nessuno al mondo.”

Ma ormai aveva capito di essere caduta in una trappola. Mentalmente chiese perdono a Laksmana e aiuto a Rama. Ravana guardava Sita con severità.

“Io non sono un povero vecchio asceta: io sono Ravana, il re della razza più potente dell’universo. Io voglio che tu diventi la mia regina, e che tu voglia o no lo diventerai.”

Così dicendo il Raksasa riprese le sue vere sembianze. Sita, vedendolo così maestoso e possente, rabbrividì. Oramai aveva capito tutto l’inganno. Prese a gridare e a correre, ma Ravana la afferrò e la gettò sul suo carro, nascosto nelle vicinanze. Sita gridava, piangeva, cercava di convincere il malvagio re a lasciarla, a non portarla via: ma inutilmente. Nessuno poteva più aiutarla. Il carro si alzò in cielo e partì con grande velocità. La povera Sita era affranta e terrorizzata. Cosa le sarebbe successo?

Jatayu sconfitto da Ravana

Il vecchio avvoltoio Jatayu, il loro caro amico, vide tutta la scena e, appena il carro fu in cielo, attaccò. Ma sapeva che stava tentando un’impresa disperata. In un generoso quanto inutile tentativo di liberare Sita, Jatayu attaccò l’invincibile Raksasa. E combatté con grande valore, uccidendo l’auriga e i muli magici che trainavano il carro, e distruggendo il carro stesso. Riuscì persino a ferire Ravana. Ma la furia di Ravana divampò come il fuoco della dissoluzione universale. Afferrò con furore la sua spada e con colpi vigorosi tagliò le zampe e le ali al povero Jatayu il quale, mortalmente ferito, precipitò al suolo. Oramai nessuno poteva più contrastarlo. Il carro distrutto, Ravana portò via Sita in volo. Disperata, Sita piangeva e si lamentava per la morte di Jatayu e per il suo crudele destino.

 

Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.

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