La misteriosa ragazza disse:

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“Non devi mai esigere di sapere il mio nome e la mia provenienza, e neanche obiettare né criticare qualsiasi cosa farò, anche quelle che sembreranno le più strane. Se accetti queste condizioni senza neanche sapere perché io le ponga, sarò felice di sposarti e venire a vivere con te. Ma se trasgredirai al patto me ne andrò immediatamente. Pensaci bene, dunque.”

Il Re era così preso da quella ragazza che non pensò neanche a cosa ciò potesse comportare e accettò qualsiasi condizione. Insieme andarono ad Hastinapura e pochi giorni dopo il matrimonio fu celebrato.

Passò più di un anno da quel giorno e fu un periodo di intensa lietezza e felicità. Il Re era felice e soddisfatto insieme alla sua amata regina.

Dopo poco più di un anno ella partorì un maschio, ma la contentezza fu soffocata da una tragedia inaspettata: fra lo stupore e l’orrore di tutti, la regina prese il neonato e lo gettò nel Gange, uccidendolo. Santanu, che aveva tanto aspettato il suo erede, era disperato, ma non poté dire niente, ricordando le condizioni poste: non doveva ostacolare né criticare la moglie, altrimenti questa l’avrebbe abbandonato. A parte quello che sembrò a tutti un momento di follia, per il resto era una donna eccezionale, amorevole, gentile, profondamente affezionata al marito e ai suoi doveri di moglie e di regina.

Poi nacque il secondo figlio, che seguì la stessa sorte del primo. E poi il terzo e il quarto. Santanu era disperato. Non riusciva a capire le ragioni di un comportamento del genere. Cosa la spingeva a uccidere i suoi figli? Ma aveva troppa paura di perderla per protestare.

Negli anni che seguirono, uccise sette dei suoi figli, tutti allo stesso modo, annegandoli nel fiume.

E arrivò l’ottava gravidanza. Quando il bimbo nacque, la regina lo prese e con calma agghiacciante si diresse verso il fiume, con l’evidente intenzione di affogare anche quel neonato. Ma Santanu non riuscì più a tollerare l’orrore che lo pervadeva.

“Ora basta,” le gridò. “Cosa fai? Che mostro sei? Perché uccidi i nostri figli? Io non capisco perché commetti questi crimini, ma ti impedirò di uccidere ancora.”

Tuttavia anche lui si rendeva conto che doveva esserci un mistero dietro quei comportamenti strani. Infatti la regina, nonostante la violenta sfuriata, non manifestò nessuna delle reazioni che una persona normale ha in tali circostanze. Non reagì in nessuna maniera, aveva solo l’aria triste, dispiaciuta.

“Mi dispiace di averti fatto soffrire,” disse lei con la solita voce suadente, “ma c’è una ragione a tutto questo. Credimi. Una volontà superiore a noi tutti mi ha forzata a uccidere i nostri figli.”

Si interruppe, guardandosi attorno.

“Ora dovrò andare via. Ricordi la condizione che ti posi? Se mi avessi contrariata io ti avrei lasciato. Anche ciò fa parte dei piani del destino, questa forza tante volte a noi incomprensibile. Io devo andare via, ora. Questo bambino, che chiamerò Devavrata, verrà via con me, e quando sarà cresciuto te lo riporterò e resterà con te.”

Santanu non voleva perderla, e sentiva dentro di sé un grande dolore, ma fu anche preso da una forte curiosità di sapere cosa aveva causato quei drammatici avvenimenti.

“Ma spiegami almeno cos’è successo. Perché ti sei comportata così? Perché hai ucciso i nostri figli? Cosa o chi ti ha forzata?”

“Io sono Ganga, la dea del fiume Gange,” rispose lei. “Questo grande fiume, santificato dalla testa del dio Shiva, che scende dai pianeti celesti e che continua a scorrere su questa terra, è mio.”

Santanu era sorpreso: sua moglie una dea? La dea del fiume Gange? Non poteva crederci.

“Se vuoi posso raccontarti cosa successe nella tua vita precedente e il motivo che mi ha indotta ad annegare i nostri figli.”

 

Questa è una sezione del libro “Maha-Bharata Vol. 1”, in lingua italiana.

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