Hanuman si addentrò nella città, vagando per le sue strade. Che luogo fantastico, pensò. Quante bellezze artistiche e architettoniche. Che peccato che simili bellezze debbano essere usate da un essere così empio. Girò per diverso tempo, finché arrivò in un palazzo straordinario per maestosità e per sfarzo. Dedusse che quello non poteva essere altro che il palazzo di Ravana. Aveva cercato minuziosamente lungo ogni strada, in ogni casa, in ogni recesso della città, e Sita non era da nessuna parte. Pensò che forse potesse essere nel palazzo reale. Entrò.
Il palazzo di Ravana era il massimo che un materialista potesse desiderare. La mura erano fatte di marmo pregiato, costellato da milioni di pietre preziose che davano luce a differenti ore del giorno, e oro, argento, e tanti altri metalli di grande valore. E fiori e piante meravigliose ovunque. Tutt’intorno in bellissimi letti giacevano stupende fanciulle addormentate ed ebbre. Bottiglie di vino erano sparse ovunque, e carni e cibi accuratamente cucinati. Quel palazzo conteneva tutto il meglio: era il sogno di ogni materialista. Ogni tipo di gratificazione dei sensi era all’eccesso, nel palazzo di Ravana, quella gioia sensoriale che lì sembrava essere la sola ragione di vita. Hanuman non guardò neanche in quei letti, sicuro che Sita mai si sarebbe concessa a quelle depravazioni.
Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.
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