Spesso, affermano i religiosi tutti, durante i loro comizi, o presenze televisive: “DIO È AMORE!”. Vero? Se Dio è Amore, perché i religiosi tutti, si “scannano” l’un l’altro? Che tipo di amore propone Dio per “scannarsi” l’un l’altro? Sono sicuro che ogni gruppo religioso ha idee diverse di questo Amore. Chi scrive è un religioso, o meglio, uno spiritualista. Lo spiritualista, poiché non vive l’esperienza altrui, ma la propria, entra in quei misteri nei quali un religioso, non ha accesso. Il religioso, poiché ha solo fede, crede, crede ciecamente a tutto ciò che una figura carismatica religiosa afferma, senza però farne una sua esperienza personale, di quella verità. (Un dogma) Questa si chiama fede; fede cieca. Tutti però, passano per questa cecità, obbligatoriamente. Quando la fede si affaccia, non significa che: “ora, vedo!”. No, la fede è solo l’inizio, fare l’errore di essere arrivati, è pericoloso. Il neofita però, non avendo poverino, l’esperienza davanti, pensa a torto di essere arrivato. Essere scelti non significa essere giunti allo scopo ultimo, ma iniziare un viaggio che, chi è giunto alla fine, può testimonia la sua “fatica”. La testimonianza ad esempio è il suo “tono”, i “segni” nel suo “volto”, ecc.. Krsna dice: Bg. 2: 52. “Quando la tua intelligenza ha attraversato la densa foresta dell’illusione…”. Qui Krsna avvisa che si deve camminare in un sentiero pieno di spine, (l’illusione) le spine sono fastidiose, ma la foresta ne abbonda. La foresta però, è il solo sentiero, non possiamo evitarla. Per combattere un nemico, ci vuole coraggio, altrimenti, è meglio stare a casa. Chiamata significa, preparati! A molti piace vedere i soldati che vanno in guerra, spesso li imitano, si vestono da soldati, prendono il fucile, fanno gesti che fanno i soldati in guerra, parlano con toni militareschi, accettano cibo simile a quello dei soldati, camminano come i soldati, si sentono fieri di imitare i soldati, spesso parlano davanti al Web come se fossero soldati veri, ma…tutto è, imitazione. Però l’ignorante, che vede tutto attraverso il Web, ne viene influenzato, scambiando loro, per veri soldati; non è così? (a buon intenditor). Quindi bisogna saper riconoscere chi è il vero soldato. Il vero soldato è colui che, dopo lunga esperienza, conosce le trappole che nasconde il nemico. Quindi imitare, non è la qualifica. Molti hanno fatto una lieve esperienza nella foresta, hanno messo i piedi dentro, hanno fatto qualche passo, ma non hanno perseverato. Si sono così tolti la “divisa”, e tutto il resto. Poco conoscono, ma essi diranno, che molto hanno visto. Questa categoria può confondere gli aspiranti al viaggio, poiché essi sono fieri di quel poco o niente di passi, fatti in foresta. Questi categoria possiamo collocarli nella lista dei fedeli, coloro che sono attratti alla Luce, ma poco fanno per avvicinarla. Alcuni invece, hanno attraversato quasi tutta la foresta, sono “stremati”, ma fieri di essere giunti quasi al capolinea. Essi hanno molta conoscenza dei pericoli che la foresta nasconde: animali feroci, serpenti velenosi, scorpioni, trappole di tutti i tipi, anche vedere esseri indecifrabili, muoversi, (metaforicamente). Se uno desidera attraversare la foresta (dell’illusione) questi sono ottime guide, possiamo fidarci. Essi sono classificati come: madhyama. Queste guide non sono perfettamente fuori dal pericolo ma, in mancanza di altro… quello che hanno, danno. Essi sono di grande aiuto. Esiste un’altra categoria di esseri, che hanno però attraversato completamente la foresta, sono “stremati”, (metaforicamente) ma molto, molto felici. Sono usciti con successo dal buio della densa foresta dell’illusione. Da questo luogo essi contemplano la Luce, la Luce VIVA. Essi non parlano molto, non hanno molto da dire, sono sempre abbagliati dalla Luce Divina. Però se li avviciniamo sono gentili, essi rispondano anche alle nostre domande, ma non si dilungano troppo. Questa categoria di “esploratori” sono conosciuti come Uttama. I migliori come guide.
Non è finita qui. Stiamo solo analizzando le categorie di quei devoti che hanno l’adikara, (le qualifiche) per arrivare e andare oltre la Luce, cioè avvicinare l’Amore di cui stiamo parlando. Il kanistha però, di cui non abbiamo menzionato, è colui che è stato accolto nella caserma, (ha risposto alla chiamata) fa esercizi, pratiche, si allena, ha però sempre bisogno di un incoraggiamento, per le scelte che ha fatto. Egli ha capito che il viaggio è cosa seria. Sa che da solo non può farcela, e non vuole tornare indietro.
Bene, ora passiamo alla seconda fase del viaggio. La Luce, la realizzazione del Sé, è il primo passo, però chi non realizza il Sé, non può comprendere cosa c’è oltre. Sono però in molti a voler fermarsi alla Luce, questo stadio è beatitudine eterna: brahma bhuta.
Krsna è molto felice di vedere che qualcuno è riuscito ad attraversare la densa foresta (dell’illusione). A riguardo Egli afferma: “Ora tu sei veramente felice, basta con i lamenti, i tuoi desideri sono tutti soddisfatti. Ora vedrai, con questo stato d’animo, ti disporrai uguale verso tutti; e grazie a questo sentimento, (di fratellanza) ti qualifichi a svolgere per Me, un sevizio puro”. Bg 18:54.
Sì, Krsna è molto, molto felice. Assicura il candidato che presto inizierà un servizio personale alla Sua persona. Questo servizio è confidenziale, non nelle regole, ma nel bhava, o prema.
La soddisfazione di Krsna nasce dal fatto che il candidato sia riuscito, anche se con difficoltà, a rinunciare a tutti i richiami dei Veda, che con le loro parole ammalianti, scoraggiano il credente a fuggire, a prendere la via della foresta, (dell’illusione). Ora Krsna lo incoraggia poiché egli si è liberato dal corpo di carne e ha acquisito quello di Luce. Bg, 2:53.
Dopo aver analizzato i vari aspiranti spiritualisti, abbiamo notato che due sono i più qualificati per giungere allo stadio ultimo della spiritualità: i madhyama e gli uttama.
Per il kanistha c’è ancora molta strada da fare. Però, man mano, quando il sadhaka kanistha, giunge anch’egli allo stadio di nistha, lo stadio in cui la fede diventa inamovibile, anch’egli acquista una licenza, non per voto popolare, ma per qualifica, per elaborare verità (tattva) che prima ripeteva senza però comprenderne il significato profondo. Quando però egli ha sgominato gli anartha (immondizia: cose non volute, cioè ha attraversato un buon percorso della foresta dell’ilusione) i suoi occhi, come quelli dei devoti sopra menzionati, non sono più appannati per colpa degli anartha, ora vedono ciò che prima non vedevano. La sua vista ora più penetrante, riesce a vedere oggetti molto piccoli. Srimad Bhagavatam 11: 14. 26:
Questo spiritualista però, non significa che ha estinto i suoi anartha (desideri materiali), completamente, ma ha la capacità ora, interiore, di tenerli sotto il suo dominio. Questa si può anche chiamare siddhi, (perfezione). Sì, perché giungere a questo stato il praticante si è dovuto internamente isolare dai visaya, (l’oggetto dei sensi). Ciò non significa che i visaya sono spariti dalla sua vista, no, ma non sono per lui più pericolosi, aggressivi, invadenti. Anche se essi si fanno avanti, di tanto in tanto nella mente, essi trovano ora il cliente disinteressato. Questo disinteresse nasce da un nutrimento interno, che ha origine dalle sue ferme pratiche: il sadhana, gli esercizi. Una pratica assidua di sadhana addormenta i sensi, li disattiva, e rafforza la mente. Il sadhana quindi è la sola vera buona compagna dello spiritualista sincero. Conoscere le scritture, sapere citare versi, avere talenti come la memoria, indossare abiti sacri, è una grande virtù; però, senza una assidua pratica, il nemico, che è sempre in agguato, è pronto all’attacco. Quando il nemico attacca, non guarda se uno indossa il kunti-mala, se conosce le scritture, se è un persona pia, nobile, di stirpe ariana, no. Quando il serpente morde, il suo è veleno mortale. Alcuni muoiono sul colpo, (lasciano l’associazione dei devoti), altri cadono in coma, soffrono gli spasmi del veleno, ma non muoiono, tollerano i dolori, si sposano, e frequentano i devoti. Altri si rialzano, si mettono sotto cura di un bravo incantatore di serpenti che sa come succhiare il veleno dal morso: (il guru), e gradualmente guarisce. Questo spiritualista deve considerarsi molto fortunato, poiché ha la possibilità di recuperare, di riscattasi. Generalmente chi ha subito un morso dal serpente, senza morire, diventa più avanti, molto determinato nel suo scopo. Dopo tutto, lanci la prima pietra chi non ha subito il morso. Il sadhana rimane lo strumento migliore per risolvere ogni problema.
Tutti devono praticare il sadhana. Nessuno è escluso. Sono in molti a non praticare il sadhana, benché mostrano fede. Una fede senza sadhana non porta lontano, il rischio è il sahajismo, sentimentalismo, leggerezza nel prendere seriamente la parole di Krsna, o dei sadhu. Questo tipo di fedeli è un problema nella società dei Vaisnava. Quel poco che sanno non possono articolato bene per mancanza di un serio sadhana. Il problema che quando sono iniziati hanno anche pretese, vogliono essere riconosciuti, gli piace parlare, ma non ascoltare, guai accennare gli standard richiesti, i principi regolatori, l’ekadasi, i vari digiuni richiesti, (Janmasthami), molti hanno il gusto della cipolla, dell’aglio, inventano tutto per dire che la salute ne ha bisogno, e tanto altro. Molti dicono che seguono tutto, ma poi…in casa… non tutti chiaramente, ma Krsna lo sa. Anche i sadhu lo sanno. Sadhana non significa solo alzarsi presto il mattino e tutto quello che segue, sadhana è anche seguire la dieta, lo studio, rinunciare a cose proibite e tant’ altro. Molti hanno il guru ma sono troppo isolati, essi pensano che aver accettato un guru è sufficiente per una protezione anche se isolati, molti di essi, col tempo, spariscono. Il sadhana è cosa seria, da non trascurare, è la nostra vita. Senza sadhana non c’è purificazione, l’entusiasmo (utshah) viene generato dal sadhana, il sadhana è il motore dell’anima. Chi lo ignora, ignora se stesso. Anche i griastha devono seguire il sadhana, è vero, ci sono delle licenze per loro, ma non per abusarne. Senza sadhana tutto diventa rischioso. La misura del vero devoto: è la sadhana. Chi non prende seriamente la sadhana, rimarrà neofita, anche se frequenta i devoti, o è stato iniziato da 50 anni. L’età non è la misura adatta per stabilire l’avanzamento di un sadhaka, quanto una pratica assidua. Poiché i devoti sono umili non sono scossi da queste verità, anche se anziani, anzi, ne fanno un tesoro.
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