Sei domande essenziali

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Lo Srimad-Bhagavatam inizia rispondendo a domande da cui può trarre beneficio un sincero ricercatore di qualsiasi tradizione religiosa

 

La scorsa primavera partecipai al Seder della mia famiglia, la cerimonia del pranzo delle due prime notti di Passover, che commemora l’esodo degli ebrei dall’Egitto. Come al solito mi piacquero il simbolismo e i racconti, perché in essi trovo molte analogie con la mia tradizione Vaisnava. I bambini hanno un ruolo importante nel Seder. Per tradizione il più giovane di essi è preparato a porre quattro domande, chiamate Mah Nishtana. Questa ritualità ha lo scopo di stimolare la discussione sul cibo e sui suoi simboli. Ecco le domande (di solito espresse in yiddish):

(1) Perché questa notte è differente da tutte le altre notti?

(2) In tutte le altre notti, mangiamo sia pane lievitato che non lievitato, ma stanotte mangiamo solo pane non lievitato. Perché?

(3) In tutte le altre notti mangiamo ogni tipo di verdure, ma stanotte mangiamo solo erbe amare. Perché?

(4) In tutte le altre notti non inzuppiamo [il cibo] neanche una volta, ma stanotte lo facciamo due volte. Perché? Oppure in alternativa: in tutte le altre notti mangiamo seduti o sdraiati, ma stanotte lo facciamo solo sdraiati. Perché?

Queste domande hanno origine nel Mishna che fa parte del Jewish Talmud. Il leader del Seder ed altri adulti useranno spesso queste domande come punto di partenza per discutere l’Haggadah (anch’esso parte del Talmud), consentendo a tutti gli interessati di considerare queste domande da un punto di vista più filosofico. Questo porta a letture, preghiere e racconti che illustrano l’esodo biblico.

Passare dal Giudaismo al Vaisnavismo

Ho la tendenza a pensare ad altro durante le ritualità religiose e quel giorno mi ero rifugiato nel regno dello Srimad-Bhagavatam, un’opera di diciottomila versi composta da molti volumi. Ne avevo uno nella borsa e l’avevo letto proprio poco prima di arrivare. La mia disattenzione doveva essere stata evidente, dato che la persona vicino a me – l’ospite, mio intimo amico – mi chiese a che cosa pensassi: “Stai riflettendo sul significato di queste quattro domande?” “Non proprio,” risposi, cercando di essere gentile. “Per essere sincero trovo che queste domande, che riguardano il popolo ebraico e la sua situazione religiosa e politica, siano piuttosto limitate.” “Perché?”

“Vediamo, queste domande si riferiscono specificatamente ad un avvenimento della storia ebraica. So che ci sono interpretazioni spirituali più profonde per queste domande ed anche spiegazioni esoteriche, come viene rivelato nella Kabala, che però non ho ancora sentito. Ogni Passover a cui ho partecipato sembra offrire soltanto la stessa spiegazione esteriore, qualcosa che è nel contesto della storia degli ebrei.” “Allora, a che cosa pensavi?” “Alle sei domande con cui inizia un testo sacro indiano intitolato Srimad-Bhagavatam.” Egli sorrise e poi ridendo con un certo imbarazzo mi chiese di spiegarglielo. Le persone vicine a me si stavano spostando dalle varie fasi del rito verso quello più familiare del pranzo. Davanti a noi c’era un delizioso banchetto (tutto vegetariano per un riguardo verso di me). Ora era una buona occasione per parlare e questo è proprio quello che decisi di fare.

Le Sei Domande dei Saggi

Quello che mi attrae maggiormente del Bhagavatam, iniziai, è la sua caratteristica non settaria. Questo significa, che esso loda la pura devozione per Dio, l’amore per Dio, come essenza della ricerca spirituale e onora questa devozione e questo amore senza tener conto della sua sorgente. Il Bhagavatam non cerca di mettere in risalto una particolare tradizione religiosa. Per esempio, all’inizio di questo poderoso testo troviamo versi come questo (1.2.6): “La suprema occupazione spirituale per l’uomo è quella che conduce al servizio d’amore e devozione al Signore trascendentale. Questo servizio di devozione deve essere ininterrotto e incondizionato per soddisfare completamente l’anima.”

In altre parole, il Bhagavatam non favorisce alcuna tradizione settaria né qualche piccolo gruppo di persone né la loro storia. Esso invece si concentra sull’umanità in generale e su come ognuno possa avvicinare effettivamente il Supremo. Ci dice che la vera felicità viene dall’amore per Dio. Questo non è neppure un verso isolato. Il Bhagavatam fin dall’inizio afferma la purezza del suo scopo e della sua speciale spiritualità (1.1.2): “Del tutto contrario ad ogni atto religioso motivato da interessi materiali questo Bhagavata Purana rivela la verità più alta, accessibile ai devoti dal cuore puro. Questa verità suprema è la pura realtà, distinta dall’illusione per il bene di tutti.”

Esso si concentra su ciò che è universale e non limitato. Il Bhagavatam è per coloro che desiderano trascendere le motivazioni materialistiche nella religione, per coloro che desiderano la purezza, l’amore per Dio. È per coloro che vogliono il vero contenuto e nient’altro. Con questo come sfondo, continuai a discutere le sei domande che all’inizio i saggi posero al venerabile Suta Gosvami nel primo capitolo del Bhagavatam. Anche un’occhiata sommaria a queste domande evidenzia l’alta qualità spirituale che il Bhagavatam offre ai suoi lettori. Le domande sono correlate agli interessi più elevati di un vero ricercatore.

(1) Qual è il bene ultimo e assoluto per tutti gli uomini? (1.1.9)

(2) Quali sono gli insegnamenti essenziali delle Scritture che possono soddisfare pienamente il vero sé? (1.1.11)

(3) Perché il Signore prese nascita nel grembo di Devaki? (1.1.12)

(4) Quali attività Egli compie? (1.1.17

(5) Chi sono i Suoi avatara? (1.1.18)

(6) Ora che Krishna ha lasciato la Terra, chi custodisce i principi della religione? (1.1.23)

Per esempio si potrebbe discutere la specificità del Bhagavatam nel citare “Devaki” o nel richiamare alla mente il vero concetto di avatara, concetto che solitamente viene associato all’induismo o all’India. Se si pensa che questo testo è una Scrittura universale non settaria, perché fa riferimento a persone, idee e concetti che s’identificano con una particolare parte del mondo? Basta però un approfondimento per capire che il Bhagavatam sta semplicemente citando dati specifici sulla natura di Dio. Il riferimento a Devaki per esempio ci dice semplicemente che il testo è consapevole di un essere vivente che serve Dio nella forma di una figura materna. Questo è più profondamente legato alla complessa teologia del Bhagavatam che a qualsiasi cultura specifica o aspetto settario.

Il Bhagavatam è consapevole di questa informazione esoterica, anche se nessun’altra tradizione del mondo lo è. È questa impostazione esoterica infatti che rende il testo speciale e prezioso tra tutta la letteratura religiosa. E la parola avatar indica semplicemente un’”incarnazione” del Supremo o la Sua discesa nel mondo delle tre dimensioni. Il fatto che il Bhagavatam usi il sanscrito per esprimere complesse nozioni teologiche può difficilmente essere considerato un esempio di settarismo. Ora spostiamoci nel dominio delle sei domande essenziali del Bhagavatam. Il commentatore del Bhagavatam, Srila Jiva Gosvami, ci dice che di queste sei domande, a quattro si risponde nel Capitolo Secondo (Primo Canto) e a due nel Capitolo Terzo, insieme ad altri argomenti. Secondo il suo pensiero ecco un breve riferimento di come si risponde alle domande del Bhagavatam, almeno inizialmente.

Domanda Uno (1.1.9): Qual è il bene ultimo e assoluto (sreyah, “definitivo”) per tutti gli uomini? Dopo aver brevemente ricordato che il servizio devozionale a Sri Krishna è l’essenza della conoscenza delle Scritture, Suta Gosvami spiega che per le persone il beneficio supremo consiste nel liberarsi dagli attaccamenti materiali sviluppando amore per Dio attraverso il servizio devozionale, cioè per mezzo del servizio a Krishna o alle Sue incarnazioni. (Vedi 1.2.6-7)

Domanda Due (1.1.11): Quali sono gli insegnamenti essenziali di tutte le Scritture, seguendo i quali si soddisfa pienamente il cuore? Il Secondo Capitolo del Bhagavatam, specialmente dal verso 6 al 29, ci dice che Sri Krishna e il Suo servizio costituiscono l’essenza del messaggio delle Scritture. Egli è l’unico vero oggetto di adorazione e la forma più pura di religione significa ristabilire la nostra perduta relazione con Lui. Questa è la conclusione definitiva di tutte le Scritture, anche se alcuni testi sacri rivelano questa verità in modo coperto o indiretto.

Domanda Tre (1.1.12): Quali sono i motivi dell’avvento del Signore Supremo come figlio di Vasudeva nel grembo di Devaki? Una risposta appare nel verso 1.2.34: “Per richiamare a Sé coloro che sono guidati dalla pura virtù.” (Vedi anche 1.8.32-35)

Domanda Quattro (1.1.17): Quali sono le attività del Signore, in particolare in relazione alla creazione? Poiché la domanda si riferisce specificatamente alle attività della creazione, i commentatori citano come risposta il verso 1.2.30-33. Qui il Bhagavatam spiega come Vasudeva (Krishna) crea il mondo materiale e poi vi entra nella forma di espansioni conosciute come purusa-avatara. Anche i Canti Terzo e Quarto descrivono in dettaglio la creazione dell’universo e spiegano che Krishna agisce con la capacità di un “supremo creatore”, lasciando a Brahma il compito di creare innumerevoli mondi per conto di Krishna. La lettura intima di questa domanda è che le “attività” del Signore si riferiscono ai Suoi passatempi confidenziali nel mondo spirituale, alludendo alle informazioni che si trovano soprattutto nel Decimo Canto.
Domanda Cinque (1.1.18): Chi sono gli avatara di Krishna? Il Capitolo Terzo del Primo Canto descrive l’incarnazione di Sri Krishna. Apprendiamo che tra le molte manifestazioni e incarnazioni di Dio, Krishna è Supremo. Il verso 1.3.28, ete camsa-kalah pumsah krisnas tu bhagavan svayam: “Tutte queste incarnazioni prima citate sono emanazioni plenarie del Signore o emanazioni di queste emanazioni primarie, ma Sri Krishna è Dio, il Signore Supremo.”

Domanda Sei (1.1.23): “Ora che Sri Krishna è scomparso da questo pianeta, chi custodisce i principi della religione?” Suta Gosvami risponde a questa domanda nel verso 1.3.43 pronunciando uno dei più famosi versi in assoluto del Bhagavatam: “Questo Bhagavata Purana, radioso come il sole, è sorto subito dopo la partenza di Sri Krishna per il Suo regno assoluto, seguito dalla religione, dalla conoscenza, ecc. Tutti coloro la cui visione è stata oscurata dalle dense tenebre dell’era di Kali riceveranno luce da questo Purana.”

La tradizione Vaisnava insegna che l’essenza della spiritualità può essere trovata nel Bhagavatam. Come precedentemente affermato, esso è diverso dalle altre Scritture religiose perché si concentra esclusivamente sull’essenza della ricerca spirituale e su Dio, la Persona Suprema, come Egli esiste nel mondo spirituale. Il Bhagavatam è la forma letteraria di Krishna. La nostra attenzione tornò alla festa davanti a noi e cominciammo a parlare della tradizione giudaica. Mi rendevo conto che il mio amico era molto attratto dalla grande minuziosità e profondità del Bhagavatam. Egli continuava a cercare di tornare agli argomenti della nostra discussione. Tentando però di essere gentile insistetti perché discutessimo il Ma Nishtana, perché era per questo che eravamo lì.

Ad essere sincero, non si trattava di essere gentili. Era una strategia: sapevo che quanto più avessi resistito, tanto più egli avrebbe desiderato di discutere del Bhagavatam. E così, dopo alcuni minuti di storia e filosofia giudaica, tornammo alle sei domande iniziali del Bhagavatam. Concordammo che se il Giudaismo e il Vaisnavismo avevano molto da offrire, era il Vaisnavismo, perlomeno per quanto si riferisce a queste domande iniziali, che attraeva il nostro interesse. Senza alcun dubbio questo era dovuto alla profondità teologica delle domande del Bhagavatam. “Il resto del Bhagavatam è così profondo?” il mio amico fu proprio obbligato a chiedere. “Tratta sempre di domande così spiritualmente ricche e così penetranti sul piano filosofico? Dove va il Bhagavatam dopo queste domande iniziali e nella sua media questo testo è sempre ugualmente profondo? Quanto è dettagliata la rivelazione di Krishna e delle Sue incarnazioni?”

Dopo un fuoco di fila di domande, volevo continuare a discutere, ma venne il momento del dessert e subito dopo quello di andarsene. Avevo voluto rassicurarlo che il Bhagavatam è così profondo che più profondo non potrebbe essere e che fornisce una moltitudine di domande e risposte che portano una persona al livello più alto della realizzazione spirituale. Come gesto di commiato, gli detti una copia del Primo Canto, Primo Volume, che avevo con me. Gli augurai un felice Passover e infine gli rivolsi queste parole. “Il libro può dire più di quanto io potrei mai dire.” Mi sembrò che gli piacesse. Ringraziandomi con un grande sorriso, mi strinse la mano con molto entusiasmo. Non dimenticherò mai la sua ultima riflessione mentre stavo uscendo. “Il Passover non sarà mai più lo stesso.”

 

Satyaraja Dasa, discepolo di Srila Prabhupada, è un redattore di BTG. Ha scritto più di venti libri sulla coscienza di Krishna e vive vicino a New York.

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