Il Sacrificio dei Serpenti – Garuda vuole conquistare l’ambrosia

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Garuda vuole conquistare l’ambrosia
Dopo aver ascoltato le parole dei figli di Kadru, Garuda torno’ da Vinata.
“Madre, non sopporto piu’ di vederti in schiavitu’. Anche tu vuoi la liberta’ e io faro’ in modo che possa riaverla. In cambio i serpenti mi hanno chiesto l’amrita ed io ho la capacita’ di farlo, ma ultimamente ho mangiato molto poco e non sento le energie sufficienti. Inoltre la strada e’ lunga e i pericoli sono tanti. Dove dove posso trovare il cibo per avere l’energia sufficiente a questa impresa?”
Vinata rispose:
“C’e’ una regione remota nel mezzo dell’oceano dove vivono i Nishada . Sono tanti e peccaminosi. Puoi mangiarne a migliaia e cosi’ troverai la forza necessaria a conquistare l’amrita strappandola al controllo degli Dei. Ma non uccidere mai un Brahmana. Tra tutte le creature viventi non si deve mai provare a far del male a un Brahmana. Egli e’ come il fuoco dalle mille lingue divampanti. Cosi’ e’ il Brahmana: quando arrabbiato diviene come il fuoco, come il Sole o come il veleno posto sulle armi appuntite. Il Brahmana e’ il signore e il maestro di tutte le creature. Per questa e altre ragioni essi sono venerati dagli uomini virtuosi. Figlio, non devi mai uccidere un Bahmana neanche se vieni colto da rabbia incontrollabile. Le ostilita’ contro un Brahmana sono sconsigliate in qualsiasi cicostanza. Neanche Agni o Surya possono consumare cosi’ tanto quanto un Brahmana dai voti rigidi quando infuriato. Da queste indicazioni dovresti saperlo riconoscere ora. Egli e’ il primo nato fra tutte le creature, il migliore dei quattro ordini sociali, il padre e il maestro di tutti.”
Garuda non aveva mai sentito parlare dei Brahmana per cui chiese maggiori informazioni:
“Madre, che forma assume un Brahmana e come si comporta? Mi descrivi i limiti dei suoi poteri? Irradia luce come un gigantesco fuoco o e’ di apparenza esteriore normale? Dammi maggiori descrizioni cosicche’ io possa riconoscerlo.”
Vinata rispose:
“Riconoscerai un Brahmana quando entrera’ nella tua gola. Egli la brucera’ come un carbone ardente e tu dovrai farlo uscire. Risparmiagli la vita. Di nuovo, un Brahmana non deve mai essere ucciso neanche in un impeto di rabbia.”
Per affetto e per garantire la protezione di suo figlio, Vinata aggiunse:
“Riconoscerai un vero Brahmana dal fatto che il tuo stomaco non potra’ digerirlo.”
Sebbene conoscesse la forza incomparabile di Garuda, Vinata lo benedisse con tutto il cuore.
“Che Marut protegga le tue ali, e Surya e Soma le tue regioni vertebrali; che Agni protegga la tua testa e i Vasu il tuo corpo intero. Io restero’ qui ad aspettarti, oh figlio, ed eseguiro’ cerimonie auspiciose che possano aiutarti ad avere successo nell’impresa. Vai ora, e torna vittorioso.”
Dopo aver ascoltato le parole della madre, Garuda tese le sue ali e ascese nei cieli.
Presto giunse alla regione dei Nishada e li attacco’ con la violenza di un secondo Yama.
Determinato a massacrare i Nishada per sfamarsi, Garuda sollevo’ enormi nuvole di polvere che giunsero fino al firmamento e risucchiarono acqua dall’oceano. Il movimento delle ali scosse gli alberi che crescevano nelle montagne adiacenti. E quel signore delle creature dotate di ali espandendo la sua bocca ostrui’ l’uscita principale della citta’ dei Nishada. Quegli esseri peccaminosi, terrorizzati da quell’attacco improvviso e violento, cominciarono a correre in grande fretta verso quell’enorme bocca spalancata, pensando fosse l’uscita e la salvezza. Proprio come gli uccelli ascendono nei cieli a migliaia quando gli alberi della foresta vengono scossi dai venti forti, cosi’ quei Nishada, accecati dalla polvere sollevata dalla tempesta causata dalle ali di Garuda, corsero in direzione della bocca.
Quando migliaia di loro furono entrati, la grande aquila la chiuse, uccidendo in un colpo solo quei Nishada il cui mestiere era la pesca.
Un certo Brahmana viveva in quella citta’ perche’ aveva sposato una donna Nishada. Durante la tempesta anche loro avevano cercato un riparo ed erano entrati nella bocca di Garuda. Quando egli la chiuse chiusa lui e sua moglie rimasero nella gola senza scendere nello stomaco. Per quanto tentasse Garuda non riusciva a deglutirli. In pochi secondi comincio’ a sentire un forte bruciore in gola, come se avesse ingoiato del carbone ardente. In quel momento di dolore ricordo’ le istruzioni della madre e disse:
“Oh grande Brahmana, vieni fuori dalla mia bocca. Ora l’apriro’ per te. Io non uccidero’ mai un Brahmana, persino se fosse impegnato in attivita’ empie.”
Il Brahmana rispose:
“Io usciro’ dalla tua bocca solo se posso prendere con me questa donna Nishada che e’ mia moglie. Altrimenti restero’ qui.”
Garuda disse:
“Vieni fuori presto. Puoi prendere con te quella donna. Non sei ancora stato digerito percio’ avrai salva la vita.”
Non appena Garuda riapri’ la bocca, il Brahmana e sua moglie uscirono e andarono via. Il bruciore era scomparso e senti’ sollievo.
Poi quella grande e poderosa aquila divina ascese di nuovo nel cielo e si diresse verso i pianeti celestiali.
Mentre sorvolava una certa regione, Garuda vide Kasyapa Muni, suo padre. Immediatamente atterro’ e offri’ rispettosi omaggi al grande saggio.
Sorridendo, Kasyapa chiese:
“Figlio, va tutto bene? E come stanno tua madre e tuo fratello? Riesci a trovare tutti i giorni cibo sufficiente per te che sei cosi’ grande e forte? Riesci a trovarne in quantita’ sufficiente nel mondo degli uomini?”
Garuda rispose:
“Mia madre sta bene, cosi’ come mio fratello. Anche io sto bene ma non riesco a trovare cibo sufficiente per cui la mia pace e’ incompleta. Sono stato mandato dai serpenti a prendere l’amrita e certamente oggi stesso liberero’ mia madre dalla schiavitu’. Mia madre mi ha detto:
“Mangia i Nishada.”
“e io ne ho mangiati a migliaia ma non mi sento ancora appagato. Ho ancora fame. Percio’, venerabile padre, dimmi dove posso trovare cibo sufficiente in modo che io abbia l’energia sufficiente per sconfiggere i Deva e portare via l’amrita con la forza. Indicami dove trovare cibo e acqua in abbondanza o mi sentiro’ troppo debole.”
Kasyapa rispose:
“Non lontano da qui c’e’ un grande lago sacro. E’ cosi’ famoso che lo conoscono anche nei pianeti celestiali. Li’ vive un elefante con la testa sempre abbassata che guarda il terreno, e che continuamente trascina una tartaruga. Nella vita precedente questi due era fratelli. Ti raccontero’ nei dettagli della loro ostilita’. Ascolta e saprai perche’ sono in quel lago.
“Tanto tempo fa c’era un rinomato Rishi di nome Vibhavasu. Aveva compiuto molte austerita’ e penitenze ma non era ancora riuscito a controllare la rabbia e si adirava facilmente. Egli aveva un fratello piu’ giovane di nome Supritika. Questi avevano ereditato una vasta ricchezza ma lui non voleva metterla insieme a quella del fratello maggiore. E Supritika parlava sempre di dividere. Dopo un po’ di tempo Vibhavasu perse la pazienza e gli disse:
“Coloro che sono accecati dalla ricchezza e da altre cose materiali pensano sempre a proteggerle dividendole e portandole lontano dagli altri. Dopo aver effettuato la ripartizione continuano a litigare fra di loro, confusi dalla ricchezza. E poi i nemici travestiti da amici fanno si’ che quegli uomini ignoranti ed egoisti si allontanino l’uno dall’altro e che si critichino in continuazione. A causa di questi litigi cadono in forme di vita inferiori, sempre piu’ confusi e ansiosi. La rovina completa ben presto sopraffa coloro che si separano. Per queste ragioni i saggi non parlano mai in favore di dividere i beni tra fratelli che, quando divisi, non sentono piu’ il bisogno di riconoscere l’autorita’ dei Veda e vivono sempre nella paura dell’altro. Supritika, siccome nonostante il mio consiglio continui a fare arrangiamenti per avere la tua proprieta’ separata dalla mia, diventerai un elefante.”
“Sentendo la maledizione che suo fratello gli aveva lanciato, Supritika replico’ a Vibhavasu:
“E tu diventerai una tartaruga e ti muoverai nel mezzo delle acque.”
“Cosi’ quei due sciocchi, Supritika e Vibhavasu, a causa dell’attaccamento alla ricchezza materiale, divennero rispettivamente un elefante e una tartaruga. Questo destino fu riservato loro perche’ non riuscirono a controllare la rabbia.
Rinacquero vicini l’uno all’altro e da quel giorno non hanno piu’ smesso di litigare, orgogliosi della forza e del peso dei loro corpi.
“In quel lago i due esseri dai corpi giganteschi stanno combattendo proprio in questo momento. Guarda in quella direzione. Tu puoi vederli. Guarda l’elefante che si sta scagliando contro la tartaruga. E ascolta il poderoso ruggito della tartaruga, anch’essa dotata di un corpo enorme abituata a vivere nelle acque. Sta venendo fuori ora, agitando il lago coi suoi movimenti impetuosi. Vedendola venire fuori dalle acque, l’elefante arriccia la proboscide e si precipata in quella direzione. Dotato di grande energia l’elefante agita le acque del lago che abbonda di pesci di ogni tipo. La tartaruga con la testa rialzata corre fuori del lago accettando la sfida dell’elefante. Quest’ultimo e’ alto sei yojanas e il doppio in circonferenza. L’altezza della tartaruga e’ di tre yojana e la sua circonferenza e’ di dieci.
“Mangia entrambi quegli stolti e liberali da quella situazione insensata. Cosi’ sfamato avrai l’energia di compiere l’impresa che ti prefiggi. Dopodiche’ porta giu’ l’amrita.”
Dopo aver detto tutto cio’ a Garuda, Kasyapa lo benedisse con queste parole:
“Che tu sia benedetto. Il combattimento contro gli Dei e’ necessario. Che gli otri di acqua pieni fin all’orlo, i Brahmana, le mucche e altri oggetti auspiciosi ti siano di buon auspicio. Quando sarai in combattimento contro i Deva che i Rishi, lo Yajus, il Sama, il burro chiarificato del sacrificio e tutti i misteri constituiranno la tua forza.”
Garuda si reco’ alle rive del lago. Vide quell’estensione di acqua limpida con uccelli di tutti i tipi e vide anche l’elefante e la tartaruga che combattevano aspramente. Si avvento’ su di loro, li afferro’ con gli artigli e volteggio’ in aria spostandosi con la velocita’ del vento.
Ora doveva cercare un posto adatto dove fermarsi per consumare il pasto. Non poteva fermarsi ovunque considerando la grandezza e il peso delle sue prede. Cosi’ giunse in un luogo sacro chiamato Alamva dove c’erano molti alberi divini.
Colpiti dal vento creato dal battito di quelle ali poderose, gli alberi tremarono nel timore che i loro rami potessero spezzarsi. Vedendo che quegli alberi che potevano soddisfare tutti i desideri tremavano dal terrore, quel viaggiatore dei cieli ando’ da altri alberi altrettanto solidi ed enormi in ampiezza. Questi erano adornati da frutti di colore d’oro e d’argento e dai loro rami pendevano gemme preziose. Essi vivevano vicino al mare.
Sorvolando la zona vide un gigantesco banyano che era cresciuto fino a proporzioni gigantesche. Quando vide Garuda gli dette il benvenuto.
“Il mio ramo piu’ grande e’ lungo cento yojana e puo’ sopportare il peso del tuo corpo e quello dell’elefante e della tartaruga. Siediti su di esso e consuma il tuo pasto.”
Quando quell’aquila che poteva volare alla velocita’ della mente si poso’ vigorosamente sul ramo del banyano, che era enorme e pieno di foglie, di fiori e di frutta, dapprima si scosse e poi si ruppe.
Garuda lancio’ uno sguardo allarmato in direzione dell’enorme ramo che stava precipitando e vide che li’ c’erano i Valakhilya Rishi, appesi e con la testa in giu’, impegnati in penitenze ascetiche.
“Se il ramo si schianta a terra quei grandi saggi moriranno. Non posso permetterlo,” Garuda velocemente penso’.
Con l’elefante e la tartaruga ancora prigionieri nei suoi artigli, volo’ in picchiata e prese quel ramo nel becco, mantenendolo fermo e prevenendo cosi’ il disastro.
I Rishi, imperturbabili e per nulla preoccupati per il pericolo imminente, furono colpiti dallo stupore alla vista di quell’atto di forza, che sarebbe stato impossibile persino per i Deva. Cosi’ pensarono di dare al quel potente uccello un nome.
“Siccome quest’aquila sorse nei cieli portando con se’ un carico pesantissimo, da oggi sara’ conosciuto come Garuda .”
Dopo aver ringraziato i saggi ed aver espresso la sua riconoscenza, Garuda scosse vigorosamente le sue ali e continuo’ nel suo viaggio per trovare un luogo tranquillo dove sfamarsi.
Mentre volava con l’elefante e la tartaruga nei suoi artigli e il ramo ancora fermo nel suo becco dove i Valakhilya era ancora appesi a testa in giu’ in meditazione profonda, vide molte regioni sotto di se’ ma non trovo’ nessun luogo dove poter atterrare.
Infine giunse a quella meravigliosa montagna chiamata Gandhamadana, che era quella dove suo padre era impegnato in meditazioni ascetiche. L’illustre Kasyapa si accorse del ritorno del figlio. Vedendolo avvicinarsi con l’intenzione di atterrare, gli disse:
“Stai attento a quello che fai. Non commettere errori o dovrai soffrire conseguenze pesanti. I Valakhilya, che si mantengono bevendo solo raggi del sole, se arrabbiati potrebbero distruggerti.”
Kasyapa penso’ che prima o poi Garuda sarebbe dovuto atterrare ma che la presenza dei saggi sul ramo rappresentava un pericolo serio, che essi potevano ferirsi o addirittura morire. Penso’ che l’unico modo era che loro abbandonassero volontariamente il ramo.
Dunque rivolse rispettose preghiere a Valakhilya i cui peccati erano evaporati grazie alle penitenze.
Disse:
“La vostra ricchezza e’ l’ascetismo. E’ grazie a saggi come voi che la religione brilla tuttora e da’ felicita’ alla gente dei mondi. Mio figlio Garuda sta in una missione che e’ per il bene di tutti. La sua impresa e’ cosi’ difficile che ha bisogno del vostro permesso. Per favore, accordateglielo. Lui deve sfamarsi e per farlo deve lasciare cadere il ramo dove vivete. Per favore abbandonate la vostra dimora.”
Dopo aver ascoltato quelle parole di Kasyapa e aver considerato la loro importanza, gli asceti abbandonarono il ramo e si recarono sulla montagne di Himavat per riprendere le loro penitenze.
Dopo che i Rishi ebbero lasciato il ramo, Garuda, con la voce ostruita dal ramo, chiese a Kasyapa:
“Illustre padre, dove posso gettare questo ramo? Indicami una regione dove non ci sono esseri umani. Non voglio far del male a nessuno”
Kasyapa gli descrisse una montagna senza esseri umani che aveva moltissime caverne e vallate. Questa era sempre coperta di neve e nessun essere vivente poteva avvicinarsi, neanche col pensiero. Allora il possente Garuda procedette di gran carriera in direzione di quella montagna.
Volo’ per centinaia di migliaia di yojana e in poco tempo vi giunse. Vedendo quella montagna interamente innevata, certo che nessun essere umano potesse viverci, lascio’ cadere il gigantesco ramo. In pochi secondi impatto’ sul terreno con un boato assordante.
Quella regina tra le montagne si scosse, colpita dalla tempesta causata dalle ali di Garuda e dal ramo. Gli alberi lasciarono cadere piogge di fiori e i picchi adornati di gemme e oro lasciarono cadere a valle i loro tesori. Nella caduta il ramo sradico’ numerosi alberi i quali, con fiori dorati e fogliaggio scuro, brillavano come nuvole cariche di lampi. Quegli alberi, brillanti come fossero fatti d’oro, caddero al terreno facendo un gran frastuono.
Garuda pote’ atterrare sulla cima della montagna e mangio’ l’elefante e la tartaruga. Dopodiche’ dispiego’ di nuovo le ali e torno’ a volare in cielo con la velocita’ del suono.

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