Il cervo dorato

 

Presto arrivarono nei pressi della capanna dove vivevano coloro che Ravana considerava le sue ignare e indifese vittime. Era una bella giornata: il sole era alto in cielo e la foresta era piena di fiori e di profumi deliziosi. Questo scenario di bellezza naturale vide Ravana, l’essere che con la sua perfidia terrorizzava il mondo, mettere in atto il suo vile piano. Grazie ai poteri mistici di cui disponeva, Maricha prese le sembianze di un fiabesco cervo dorato, dalla bellezza così incantevole che avrebbe potuto attrarre la fantasia di chiunque lo guardasse. Con lo scopo di farsi notare da Sita, cominciò a correre qua e là nei dintorni della capanna e poi a fermarsi, e poi ancora a correre, mettendo bene in vista le sue forme perfette. Sita lo vide, e non credeva ai propri occhi. Come poteva esistere un animale tanto bello? Chiamò il marito.

“Rama, corri, guarda là quel cervo, che bellezza. Non è meraviglioso?”

Rama e Laksmana accorsero e ammirarono lo stupendo animale, ma erano visibilmente diffidenti. Sita non aveva nessun sospetto.

“Rama, ti prego, catturalo per me. Lo terremo qui con noi, per farci compagnia.”

Laksmana era il più diffidente.

“Rama, non andare. Quel cervo ha una bellezza irreale, è troppo bello per essere vero. Sono sicuro che è un trucco dei Raksasa per dividerci e tentare di colpirci.”

Rama non sembrava eccessivamente preoccupato, anzi abbozzò un sorriso.

“Voglio scoprire se quella creatura è veramente un trucco dei Raksasa. Se lo è lo ucciderò, chiunque sia, ma se è un vero cervo devo catturarlo per Sita. Io vado, ma tu promettimi di non lasciare Sita da sola neanche per un momento e per nessun motivo. Finché tu sei qui lei non corre pericoli, ma se tu la lasciassi sola potrebbe accadere un disastro.”

Rassicurato da Laksmana, Rama corse verso la preda. Vedendolo arrivare, Maricha fuggì: aveva raggiunto il suo scopo. Corse via con grande agilità tra la fitta boscaglia. Maricha correva con una velocità straordinaria e, cercando di sfuggire a Rama per salvarsi la vita, usò i suoi poteri sovrannaturali. Talvolta si rese invisibile, altre volte ricompariva, tutto con una rapidità sorprendente, troppa per non destare sospetti. Rama pensò che il cervo si comportava in maniera troppo strana per essere ciò che sembrava, ma voleva essere sicuro, e gli corse dietro per molto tempo. Quando fu certo che si trattava di un trucco, decise di ucciderlo. Una freccia dura come la pietra partì dal suo arco e colpì il bersaglio. Colpito a morte, Maricha non poté mantenere la sua forma illusoria e riprese la forma originale, possente, gigantesca, che incuteva timore a chiunque la guardasse. Con le ultime energie rimaste, gridò, imitando la voce di Rama:

“Aiuto! Sita, Laksmana! Aiuto! Aiuto!”

Quelle grida erano così alte che arrivarono fino alle orecchie di Sita. Sentendo la voce disperata del marito, non poté controllare le sue emozioni e divenne terribilmente ansiosa.

“Laksmana, ascolta, questa è la voce di Rama. Chiede aiuto! È in pericolo. Corri immediatamente da lui.”

Ma Laksmana non cadde nella trappola neanche quella volta. Così come per il cervo, sospettò di una manovra dei Raksasa.

“Sita, non devi preoccupanti,” le disse con voce rassicurante. “In questo mondo nessuno può sopraffare Rama in combattimento. Rama è invincibile. Non esiste essere che possa anche solo dargli preoccupazione. Queste grida, così come l’apparizione del cervo, sono un trucco dei Raksasa che vogliono separarci. Stai tranquilla. Rama tornerà presto.”

Ma Sita era terrorizzata che potesse accadere qualcosa al suo amato, e sentendo altre grida disperate insistette:

“Ma questa è la voce di Rama. E’ in pericolo. Cosa aspetti a correre in suo aiuto? Come fai a non precipitarti per salvargli la vita?”

“Non posso lasciarti sola in questa foresta piena di pericoli,” ribatté Laksmana tranquillamente, sicuro dell’invincibilità del fratello. “Non agitarti. Tranquillizzati. Rama mi ha ordinato di non lasciarti sola per nessun motivo. Sii serena. Presto lo vedremo tornare sano e salvo.”

Ma la tensione era già andata oltre la sua possibilità di sopportazione, e lei non riuscì più a tollerarla. Ripetutamente chiese, ordinò, supplicò Laksmana di correre in aiuto di Rama, ma lui aveva capito il trucco e rifiutò decisamente. Una sorda rabbia invase il cuore spaventato di Sita.

“E così speri che Rama muoia, vero? Per questo sei venuto nella foresta con noi. Ora ho capito il tuo piano. Aspettavi un momento come questo. Tu non vuoi altro che Rama muoia per prendermi come moglie. Ma sappi che se dovesse accadergli qualcosa io mi ucciderò e tu sarai responsabile delle nostre morti.”

Sita non pensava davvero quello che stava dicendo. Disse quelle ingiuste e crudeli parole solo per spingere Laksmana a correre in aiuto di Rama. Ed ebbero l’effetto desiderato. Profondamente colpito in ciò che era il più alto valore della sua vita, l’amore e la lealtà nei confronti del fratello, Laksmana si sentì ferito.

“Io non so come tu abbia potuto dire parole così crudeli e false,” disse rabbiosamente. “Non sai quanto tu mi abbia ferito. Ma non ti rendi conto del pericolo che corri se ti lasciassi sola qui?”

 

Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.

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