Sita in esilio

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Quando il giorno tornò e il sole cominciò a inondare la terra di Koshala con i suoi caldi raggi Laksmana, col cuore indicibilmente addolorato, invitò Sita a prendere posto sul carro per andare a visitare l’eremo di Valmiki Muni. Sita salì sul carro e partirono. Nell’aria c’era qualcosa di strano, Sita non si sentiva felice e vedeva cattivi presagi tutt’intorno a sé. Ma Laksmana la rassicurò che tutto andava bene, che non c’era alcun problema e lei, pur senza riuscirci, cercò di calmarsi. Presto arrivarono al Gange e lo attraversarono. Attraversato il fiume, Laksmana diede a Sita la terribile notizia. Dopo che Laksmana le aveva spiegato tutta la situazione, Sita si disperò e pianse a dirotto.

Giunsero in quello stato d’animo all’eremo e Laksmana la affidò a Valmiki. Poi ripartì. Una tristezza infinita era nel suo cuore. Sapeva che il fratello avrebbe sofferto tanto quanto Sita. Il saggio fu d’accordo di offrirle protezione e la fece accompagnare nell’ashrama delle donne eremite.

Quando fu dall’altra parte del fiume, Laksmana si fermò a guardare l’eremo e vide Sita entrare nell’ashrama delle donne. Il fido Sumantra era con lui.

“Sumantra,” disse Laksmana, “guarda: Sita è entrata nell’ashrama. Non è strano questo suo destino? Lei è la donna più casta e santa che ci sia, eppure è stata esiliata dal marito. Il destino è stato crudele con lei. Cosa avrà fatto per meritarsi tanto dolore?”

“Non ti affliggere,” replicò Sumantra, “perché a tutto c’è una spiegazione e un motivo di essere. In realtà era stato previsto: io sapevo che sarebbe successo.”

Laksmana lo guardò con sorpresa e lo interrogò con gli occhi.

“Ora ti racconterò una storia che solo io e tuo padre conoscevamo,” riprese Sumantra.

“Un giorno accompagnai il re Dasaratha a trovare il saggio Vasistha. Era il periodo di caturmasya e lo volle trascorrere con Vasistha. Lì c’era anche il grande Durvasa, con il quale passammo i quattro mesi. Dasaratha gli chiese:

“Che futuro avranno i miei figli? Saranno felici o dovranno soffrire?”

“Durvasa rispose:

“Ho una storia da raccontarti. Ascoltala con attenzione. Un tempo ci fu una grande battaglia fra Deva e Asura, e questi ultimi furono sconfitti. Non sapendo a chi altri rivolgersi, chiesero protezione alla moglie di Brighu, che li fece nascondere. Ma Vishnu vide l’atto della donna e le lanciò il disco Sudarshana, decapitandola.

“Quando Brighu venne a conoscenza del fatto e di come era accaduta, non riuscì a controllare la rabbia e maledisse Vishnu in questi termini:

“Un giorno anche tu sperimenterai il dolore della separazione dalla tua amata.”

“Caro Dasaratha, Rama è Vishnu incarnato e in questa incarnazione subirà la potenza della maledizione di Brighu. Quando Rama avrà terminato la propria missione sulla Terra si riunirà a Sita, che è Lakshmi incarnata, la sua compagna eterna.”

“Fedele Laksmana,” concluse Sumantra, “queste furono le cose che Durvasa disse a tuo padre. Non ti addolorare. Tutto ciò è un piano divino preciso. Torniamo ad Ayodhya, ora.”

Laksmana sentì il dolore alleviato dal racconto di Sumantra. I due tornarono ad Ayodhya.

 

Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.

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