Rama sembrava tornato a nuova vita. 

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Rama sembrava tornato a nuova vita. 

Quando ebbe ascoltato di nuovo tutta la storia dalle labbra di Hanuman, sentì che qualcosa era rinato nel suo cuore, come accade quando si ritrova una persona che è essenziale alla propria esistenza. Abbracciò il suo fedele devoto e lo ringraziò calorosamente. Tennero poi un consiglio militare e ascoltarono la descrizione delle forze difensive dei nemici. Rama e Sugriva dettero disposizioni per l’immediata partenza. Mentre si preparavano, i Vanara manifestavano la loro gioia e il loro ardore guerriero.

Nel frattempo, a Lanka, Ravana era preoccupato. Aveva visto cosa era stato in grado di fare Hanuman, e da solo. Sebbene la sua potenza personale e quella del suo esercito desse ampie garanzie, in cuor suo si sentiva preoccupato. Qualcosa di tutta quella storia lo angosciava. Non era come le altre battaglie che aveva intrapreso. C’era qualcosa di diverso che sfuggiva al suo controllo e alla sua comprensione. Chiamò a consiglio tutti i generali e i principali ministri.

I Raksasa lo videro preoccupato come mai lo avevano visto prima di battaglie che si erano prospettate ben più impegnative di quella. Secondo loro non si trattava, in fondo, che di due uomini e di un branco di scimmie. Cercarono di rincuorarlo.

“Non ti vediamo sereno e fiducioso come sempre prima di un confronto,” disse Prahasta. “Forse le minacce di quella scimmia ti hanno intimorito? Ma di cosa ti preoccupi? Non ne hai ragione alcuna. Hai dimenticato la tua potenza militare e la nostra? Come puoi preoccuparti di due uomini e di qualche scimmia quando hai sconfitto i più grandi Deva dell’universo? Nessuno può sconfiggere noi quando siamo uniti sul campo di battaglia, e se anche ciò accadesse nessuno può sconfiggere te quando, sul tuo carro Puspaka, ti scagli tra le file degli eserciti nemici. Maestà, tranquillizzati, possiamo distruggere qualsiasi nemico. Se quella scimmia tornerà con i suoi compagni e con Rama e Laksmana, daremo loro battaglia e li stermineremo.”

Prahasta e gli altri rassicurarono Ravana e gli infusero coraggio. Ma il virtuoso Vibhisana non era d’accordo su quelle scene di cieco fanatismo.

“Cosa state dicendo voi tutti? Ravana, non ascoltare consigli insensati. Non hai visto quanti cattivi presagi sorgono ogni momento intorno a te e a Lanka? Questi presagi annunciano la tua sconfitta. Hai già dimenticato quello che ha saputo fare a Lanka quella che loro chiamano una semplice scimmia? Cosa hanno potuto fare i tuoi valorosi generali per impedire quello scempio? E Rama e Laksmana sarebbero due piccoli uomini? E il massacro di quattordicimila potenti guerrieri? Anche quello dimenticato?

“La maniera migliore per fronteggiare un pericolo non è quello di sminuirne l’entità, ma semmai il contrario. Io sono sicuro che da una battaglia del genere usciremmo sconfitti e le nostre donne piangerebbero i loro morti. Ci aspetterebbero giorni di lutti.

“Sii saggio, fratello: restituisci Sita a Rama e salva così la tua vita e quella di milioni di persone che ti sono fedeli.”

Un brusio di disapprovazione accompagnò le ultime parole di Vibhisana. Ravana non avrebbe voluto ascoltare quelle cose e l’entusiasmo che gli avevano suscitato gli incoraggiamenti dei suoi generali si spense. Si alzò di scatto e si ritirò nei suoi appartamenti privati. Passò una notte insonne.

 

Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.

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