Il Sacrificio dei Serpenti – Garuda e Indra

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Garuda e Indra

Indra non si era ancora dato per vinto e attendeva il passaggio di Garuda in un luogo particolare. Appena lo vide passare in cielo, gli scaglio’ contro la sua saetta preferita. Pur colpito da quell’arma che avrebbe potuto distruggere qualsiasi cosa, Garuda non si smosse neanche e rise. Poi si rivolse a Indra con tono gentile.

“Questo fulmine fu costruito con le ossa del Rishi Dadhichi. Se non accusassi il suo impatto sarebbe come mancargli di rispetto. Inoltre voglio rispettare anche te, che sei il piu’ grande degli esseri celesti. Per cui lascio cadere questa piuma la cui fine nessuno mai riuscira’ a trovare. Ma sappi che la tua arma non mi ha procurato alcun dolore.”

In quel momento una piuma si stacco’ dal suo corpo e cadde. Tutte le creature, vedendo quella piuma chiara, si sentirono contenti e dissero:

 “Che questo uccello venga conosciuto come Suparna[1].”

Vedendo l’accaduto, Indra capi’ che Garuda aveva origini divine e disse:

“Oh migliore tra gli esseri che volano, io desidero conoscere il limite della tua forza. Inoltre ambisco a una amicizia eterna con te.”

Garuda rispose:

“O Purandara, che ci sia amicizia tra te e me come tu desideri. Le persone virtuose mai parlano di se’ stessi elogiandosi ne’ parlano dei propri meriti. Ma siccome me lo hai chiesto ti rispondero’.

“La mia forza e’ difficile da descrivere. Io posso sostenere in una sola delle mie piume questa Terra con le sue montagne, le sue foreste, le acque dell’oceano con te e con tutti gli oggetti mobili e immobili stazionati sopra. Questo e’ cio’ che posso fare.”

Sentendo queste parole del virtuoso Garuda, che desidera sempre il bene di tutti gli esseri della creazione, rispose:

“E’ proprio come tu dici. Non c’e’ nulla di impossibile per te. Ti offro di cuore la mia amicizia. Accettala. E se tu non hai interesse personale nel soma, per favore restitiuscimelo. Coloro a cui vuoi darlo sono nostri nemici e quando berranno l’ambrosia diventeranno impossibili da sconfiggere. Non devono averlo. Per questa ragione ti chiedi di ridarlo ai Deva.”

Garuda replico’:

“Tu conosci la ragione per cui ho portato via l’amrita. Mia madre deve tornare libera e se io consegnero’ l’amrita ai serpenti avro’ mantenuto la mia parola. Pero’ non appena io l’avro’ poggiata in terra e loro saranno andati a compiere le loro abluzioni, riprendila velocemente in modo che non potranno beneficiarne.”

Indra disse:

“Sono contento di ascoltare queste parole. Esprimi un desiderio ed io lo soddisfero’.”

Ricordando gli anni di schiavitu’ che la madre aveva dovuto sopportare a causa di un inganno a cui i serpenti avevano partecipato, Garuda rispose:

“Fa che i serpenti diventino il mio cibo.”

Indra, il nemico dei Danava, disse:

“Cosi’ sara’.”

Narayana sanziono’ tutto quello che era stato detto fra Indra e Garuda.

E aggiunse:

“Non appena avrai posta sul terreno la giara contenente l’amrta, io la portero’ via senza che i serpenti se ne accorgano.”

Detto cio’ il re dei pianeti celesti saluto’ Garuda e ando’ via.

 

Libera!

In poco tempo l’aquila dalle splendide piume arrivo’ al cospetto di sua madre. Li’ c’erano anche i serpenti che lo attendevano con ansia. Raggiante in viso disse:

“Vi ho portato l’amrita. Ora la porro’ su un tappeto di erba kusha cosicche’, dopo aver svolto le vostre abluzioni[2], potrete berne e gioire di una vita immortale. Il patto era che mia madre sarebbe stata libera nel momento che vi avrei consegnato il nettare dell’immortalita’. Ora lei e’ libera.”

Dopo aver detto

“Cosi’ e’”

i serpenti, andarono a svolgere i loro riti religiosi.

E mentre essi erano impegnati nel recitare mantra e tutte le varie pratiche di purificazione, Indra venne e prese l’amrita riportandola nei pianeti superiori.

Quando i serpenti ebbero concluse le loro abluzioni, i riti sacri e le devozioni quotidiane, tornarono con un umore gioioso, ansiosi di bere l’amrita. Ma dove prima stava la splendida giara non c’era piu’ nulla e capirono di essere stati ingannati. Ma il desiderio di gioire dei piaceri celestiali era cosi’ grande che sperarono che nel momento in cui l’anfora fosse stata posta sul terreno qualche goccia poteva essere venuta fuori. Cosi’ leccarono spasmodicamente l’erba kusha. Il risultato fu che si tagliarono le lingue e da quel giorno le lingue dei serpenti divennero biforcute.

L’erba kusha, che era stata purificata dal contatto con la giara celestiale, divenne sacra.

Questa e’ la storia di come l’illustre Garuda porto’ l’amrita dai pianeti celesti sulla Terra. Da quel giorno sua madre fu libera, le lingue dei rettili si divisero in due e la grande aquila divenne il nemico giurato dei serpenti, che divorava in continuazione.

Garuda e sua madre Vinata furono felici di non dover piu’ sottostare agli ordini di Kadru e dei suoi figli e trascorsero anni in foreste stupende.

Colui che ascolta la storia delle gesta di Garuda e che la legge ad un’assemblea di Brahmana dal cuore virtuoso, sicuramente accede ai paradisi e acquista grandi meriti.

[1] Letteralmente “colui che ha belle piume”.

[2] Discipline di purificazione

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