Arrivarono ad Hastinapura.

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Quando fu davanti a Vicitravirya, Amba disse:

“Nel momento in cui sono stata presa, io ho implorato Bhishma di non portarmi qui, perché non potrò mai amare nessun uomo all’infuori del principe Shalva. Ti chiedo dunque di lasciarmi libera.”

“Cara ragazza,” rispose il gentile Vicitravirya, “se il tuo cuore appartiene a qualcun altro e vuoi vivere con lui e non con me, sei libera di andare. Non mi unirei a una donna che non mi desidera.”

Amba ringraziò di cuore e, scortata dai soldati Kurava, andò da Shalva.

“Per tanto tempo,” gli disse appena fu arrivata, “abbiamo desiderato vivere insieme e amarci, e quando Bhishma allo svayamvara mi ha presa e mi ha trascinata sul suo carro avevo perso le speranze. Ma Vicitravirya mi ha lasciata libera. Ora possiamo sposarci.”

“Cara Amba,” rispose Shalva, “tu sai quanto ti abbia amata e puoi immaginare quanto mi costerà dirti ora queste parole: non mi sento di sposare una donna che mi ha visto sconfitto e umiliato in combattimento, anche se essere vinti da Bhishma non è un disonore. Mi dispiace, ma non posso accettarti.”

Amba tentò di convincerlo con ogni argomento, ma non vi riuscì.

Così, abbandonata dall’uomo che amava, tornò da Vicitravirya, chiedendogli protezione. Ma questi rifiutò.

“Non posso sposare una donna il cui cuore è appartenuto a un altro,” disse lui.

Amba era disperata. Che poteva fare, ora? Da chi andare? I normali sogni di una ragazza della sua età, di avere una famiglia, una casa e dei figli, erano stati distrutti. A quei tempi, infatti, nessuno avrebbe mai sposato una donna cui fosse accaduta una storia del genere. Infine le venne in mente colui che aveva causato le sue disgrazie.

 

Questa è una sezione del libro “Maha-Bharata Vol. 1”, in lingua italiana.

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