La Filosofia del Bhakti Yoga – Bhagavan (la Suprema Personalità di Dio) – parte 3

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D: E allora come si spiegano queste diversità, questi innegabili contrasti ideologici? Se le religioni fossero tutte uguali dovrebbero dire le stesse cose. Invece esistono fratture ideologiche insanabili.

R: Bisogna distinguere; ci sono contrasti apparenti e altri invece resi necessari dalle circostanze storiche. Un esempio: la matematica è scienza unica, ma quella che si studia all’università è diversa da quella che si studia alle elementari. La ragione? Cambia il livello di capacità di apprendimento degli studenti. Al tempo del Cristo o di Maometto il livello intellettivo era a dir poco scadente, per cui i due profeti si sono trovati costretti a predicare una filosofia abbastanza spicciola, semplice, a portata del pubblico che li stava ascoltando. “Ho ancora molte cose da dirvi, ma non ve le dirò perché non potreste capire”, disse Gesù ai discepoli.

I contrasti apparenti sono quelli che devono essere messi in prospettiva a secondo dei tempi e delle circostanze storiche; questo fatto, nello studio del pensiero religioso, non deve mai essere dimenticato.

Ma non si può neanche negare l’esistenza di differenze reali. Per esempio il Buddha consigliò a tutti di non osservare più i precetti insegnati nei Veda. Eppure nella Srimad-Bhagavatam, Buddha viene indicato come un avatara di Visnu, tecnicamente uno sakty-avesa-avatara: il Visnu compilatore dei Veda. Che senso ha questa contraddizione?

“All’inizio di Kali-yuga, nella provincia di Gaya, il Signore apparirà come Buddha, il figlio di Anjana, con lo scopo di confondere coloro che sono invidiosi dei teisti.”
Srimad-Bhagavatam 1.3.24

Lo scopo principale del Buddha era di fermare l’indiscriminato massacro degli animali, perpetrato sulla base di errate interpretazioni di alcuni testi vedici; per questa ragione consigliò a tutti di non dare importanza ai Veda e di non ascoltare gli insegnamenti dei brahmana, in quanto sarebbero stati fuorviati dal retto sentiero. Ma le scritture che Buddha denigrò erano le stesse che avevano profetizzato, millenni prima, la sua venuta. Qual è il significato di tutto ciò? Che scopo aveva in mente?

L’abbiamo già spiegato: se un predicatore, un insegnante, vuole raggiungere certi risultati, non chiude gli occhi e apre bocca, ma bada bene a chi ha davanti a sé, alle circostanze storiche che in definitiva sono quelle che hanno reso necessaria la sua venuta. Deve far sicuro che il suo “vangelo” venga compreso e accettato. Il Buddha ha impartito certi insegnamenti perché a quel tempo era necessario fare in quel modo.

Dio è uno per tutti, e i profeti hanno parlato della stessa Persona Suprema con linguaggi diversi. Poi, naturalmente, ci sono anche religioni inventate di sana pianta da uomini privi di scrupoli, interessati soltanto a ottenere denaro e fama; costoro e i loro seguaci ottengono il solo risultato di seminare confusione in un terreno dove già le cose non sono tanto semplici.

Queste religioni-truffa vanno evitate come la peste.

Dio privo di potenze assolute?
D: Ammettiamo che i Veda ci presentino un Dio unico; leggendo quegli stessi testi scopriamo però che egli non può avere potenze assolute e supreme, in quanto personalmente si dichiara disarmato di fronte alle sue stesse energie. Si prenda l’esempio di Krishna e Yasoda.
Durante i momenti vissuti sulla Terra in quella incarnazione, Egli diventa succube e vittima della madre, la quale Gli impartisce ordini, Lo istruisce e in certe circostanze Lo punisce persino. Da questa immagine vediamo che il Dio dei Veda non è simile al Dio di cui siamo abituati a sentir parlare: l’Entità Suprema, al di là di ogni cosa, più grande di tutto e di tutti, che crea e distrugge. Il Dio che ci viene proposto dalla Bhagavata Purana e dalla Bhagavad-gita sembra un uomo come noi, con le nostre debolezze, con le nostre stesse limitazioni. Si legga, per fare un altro esempio, la storia di Rama, o anche quelle narrateci nel Maha-bharata, dove questo Dio sembrerebbe addirittura da rimproverare.

R: Questa teoria è priva di fondamento e di logica.

Per rispondere useremo lo stesso esempio portatoci da voi, quello di madre Yasoda che talvolta castiga Krishna. Diamo un’occhiata al capitolo 9 del “Libro di Krishna”, dove troviamo la storia di come la moglie del capo dei pastori, Nanda Maharaja, tenti di punire il figlio ancora infante per una delle sue frequenti malefatte. Srila Prabhupada scrive:

“Madre Yasoda lo inseguì ovunque, cercando di catturare la Suprema Personalità di Dio che mai, neanche in meditazione, può essere raggiunta dagli yogi più potenti… infine lo raggiunse… (La donna cerca di punirlo legandolo con una corda alla pietra di mortaio che tenevano nel cortile, ma) quando provò a legarlo, s’accorse che la corda era troppo corta, di pochi centimetri. Dunque andò a cercarne ancora (per farne un’aggiunta)… ma nonostante ne usasse a profusione la corda risultava sempre troppo corta, e della stessa lunghezza… Madre Yasoda sorrideva: era stupita. Cosa stava succedendo?… Krishna, che interpretava la parte di un bambino umano nella casa di madre Yasoda stava attuando uno dei suoi passatempi…”

Poi vediamo come Krishna, dopo aver permesso alla madre di legarlo, nonostante la parvenza di bimbo piccolo e indifeso, dà prova delle Sue potenze incommensurabili.

I primi capitoli del “Libro di Krishna”,
Il Libro di Krsna è il riassunto in prosa del Decimo Canto della Srimad-Bhagavatam scritto da Bhaktivedanta Svami Prabhupada.
riferiscono chiaramente che le attività umane del Signore sono tali (cioè umane) solo in apparenza; in realtà sono sempre pienamente trascendentali. Mai si degradano perché mai hanno a che fare con la materia e in qualunque circostanza Sri Krishna non perde la Sua supremazia e la Sua potenza assolute. Anche Satyavrata Muni, autore delle preghiere chiamate “Sri-Damodarastaka” conferma tutto ciò, menzionando nel secondo verso proprio l’avvenimento specifico del tentativo di Yasoda di punirlo; nondimeno continua a pregarlo e ad affermare la Sua suprema divinità. Perché un santo integerrimo e un erudito dal comportamento così serio come Satyavrata Muni avrebbe parlato delle malefatte di un bambino, se queste non fossero state di natura trascendentale?

Quando Sri Krishna scende in questo universo materiale e assume aspetti apparentemente limitati e limitanti, rimane sempre il Supremo Dio, e le Sue infinite energie non diminuiscono né subiscono sottrazione di sorta.

Le evidenze vediche che possiamo presentare per sostenere questa tesi sono così tante che non basterebbe un volume intero. Per tutti parli la storia di Vamanadeva,
Srimad-Bhagavatam, Ottavo Can¬to
lo stesso Krishna che si incarnò in un brahmana nano. Sotto quell’aspetto il Signore “imbrogliò” il re Bali chiedendogli in carità solo tre passi di terra. Quanta terra può coprire con tre passi un nano? Ma Vamana estese il suo corpo così tanto da poter ricoprire tutto l’universo, lasciando Bali privo di possedimenti.

In definitiva, il Signore, Dio, Brahman, Sri Krishna, non perde mai i Suoi poteri assoluti, in qualsiasi forma decida di manifestarsi, in quanto queste non lo limitano in alcun modo.

Dio personale o impersonale?
D: Vorremmo riprendere un argomento a cui abbiamo già accennato ma che certamente merita maggiore attenzione: la questione della personalità di Dio. E’ una persona vera e propria o, come affermano i monisti, una entità spirituale onnipervadente? Il problema si pone in maniera forte. Infatti non dimentichiamo che in molte parti dei Veda, tra cui le Upanisad, viene affermato molto chiaramente che Dio è Nirguna Brahman, energia spirituale priva di caratteristiche.

R: Le scritture vediche possiedono un filo logico che le unisce tutte; per questa ragione vanno inserite in un contesto ampio, devono essere capite nella loro logica totale e mai isolatamente. Voi dite che le Upanisad affermano l’aspetto impersonale dell’Assoluto e ciò non è vero.

Prendiamo in esame la Isa Upanisad, detta anche Sri Isopanisad. Nel mantra 1 troviamo, in riferimento all’Entità Suprema, la parola isa, che evidentemente si riferisce a una persona; isa infatti significa “colui che possiede tutto, che può controllare ogni cosa, il capace, potente, supremo, il marito di tutto ciò che esiste.” Sulla parola isa i monisti possono sforzarsi quanto vogliono, ma il termine indica senza ombra di dubbio una entità personale.

Ma andiamo avanti.

Nel mantra 8 troviamo due termini, kavih (onnisciente) e manisi (il filosofo), che ovviamente si riferiscono a una persona: come potrebbe, infatti, una energia impersonale esercitare un qualche esercizio conoscitivo?

Il mantra 12, poi, lancia un terribile monito agli impersonalisti, affermando che “coloro che adorano i deva entreranno nelle più oscure regioni dell’ignoranza, ma ancora peggiore sarà il destino di coloro che adorano l’Assoluto Impersonale”. Bhuya, ancora peggiore, sambhutyam, nell’Assoluto. Dunque come si può dire che le Upanisad affermano l’aspetto impersonale del Signore come il Supremo fra tutti?

Il mantra 15, poi, è il più esplicito. “O mio Signore… il Tuo vero viso è coperto dalla luce accecante (che è Tua). Per favore, rimuovi quella copertura e mostrati al Tuo puro devoto.” Mukham, il volto; satyasya, della Verità Suprema, apihitam, coperto. Il vero volto del Signore, afferma la Isa Upanisad, è coperto, non si può vedere: perché? Perché è celato da una luce accecante che impedisce di ammirarlo. Hiranmayena patrena. Questa luce accecante è il brahmajyoti, meta sospirata degli impersonalisti.

Nel mantra 16 il concetto è ribadito; ancora una volta l’autore dei versi delle Upanisad prega il Signore di permettergli di osservare “la Sua forma di felicità”. Rupam, forma. E Purusa, la Personalità Divina.

Questi sono solo alcuni dei riferimenti di una sola delle Upanisad che mostrano come in realtà queste non affermano affatto la supremazia dell’aspetto impersonale.

Ma questa ricerca potrebbe andare avanti con profitto anche con altre Upanisad.

E se infine andiamo ad analizzare la Srimad-Bhagavatam e la Bhagavad-gita, tutto diventa chiaro: i Veda sono scritture che affermano in modo molto energico che all’origine di tutto esiste una Persona Trascendentale e tutti gli altri aspetti, compreso quello impersonale, gli sono subordinati.

Portiamo un’altra evidenza, una grande autorità, adorato addirittura come Dio da milioni di persone in India, il Signore Siva. Nel Decimo Canto della Srimad-Bhagavatam, nel frangente del combattimento fra Krishna e Banasura, egli, Siva, rivolgendosi al Signore, afferma:

“Chi non Ti conosce considera il brahmajyoti impersonale essere la Verità Suprema, ultima e assoluta, senza sapere che Tu esisti al di là della effulgenza spirituale nella Tua dimora eterna.”

C’è un commento molto interessante di Srila Prabhupada che dice:

“…la manifestazione Brahman… è fatta per le persone essenzialmente molto avanzate ma ancora incapaci di capire gli aspetti personali o la varietà del mondo spirituale. Tali devoti sono conosciuti come jnana-misra-bhakta, o devoti il cui servizio devozionale è misto alla (impurità della) conoscenza empirica…
Srimad-Bhagavatam 4.9.16

E’ detto che questo Brahman impersonale è la realizzazione distante della Verità Assoluta…

“… a riguardo di ciò, Visvanatha Cakravarti Thakura ci offre l’esempio di una persona che si dirige verso una città. Dapprima scorge soltanto delle ombre, poi avvicinatosi di più nota i tetti e le forme dei palazzi, infine quando entra nella città vede le strade, i giardini, i laghi e i palazzi…”

Queste parole sono chiare: ci differenti gradi di realizzazione della natura spirituale, e quella dell'”aspetto energetico” ne costituisce una. Alla luce di quanto detto non possiamo dare torto ai mayavadi, i quali desiderano fondersi in quell’essenza divina. I filosofi Vaisnava però, pur non negandone l’esistenza, spiegano che l’errore consiste nel credere che quella sia la dimensione più elevata della natura divina. E’ una svista della massima gravità.

D: Ma è innegabile che la maggior parte delle Upanisad ci presenti l’aspetto Brahman come se si trattasse dell’essenza ultima. E poi il termine stesso, che significa “spirito universale”, non può riferirsi a una persona: allora, chiamarlo in questo modo e con tanta insistenza se invece ci si voleva rivolgere a una persona?

R: Prima di tutto i significati di Brahman sono molteplici e non solo “spirito universale”. Un’altra possibile definizione è “colui in cui tutti gli attributi (o qualità, caratteristiche) giungono all’infinità.
Vedi Govinda-bhasya 1.1.2, commento di Baladeva Vidyabhusana al Vedanta-sutra
Dunque la parola Brahman può benissimo riferirsi a una persona.

Ma è anche vero che la maggior parte delle Upanisad non sono sufficientemente chiare su questo argomento e, al contrario, sembrano invece chiarissime nell’affermare la supremazia dell’aspetto impersonale. Questo per chi abbia compreso il vedanta (le giuste conclusioni vediche) potrà causare stupore.

Sappiamo già quanto Vyasa, il compilatore dei Veda, ivi comprese le Upanisad, dopo aver terminato il suo lavoro si sentisse insoddisfatto, senza riuscire a spiegarsene le ragioni. Fu Narada a chiarirgli i dubbi.

“…tu hai perfettamente spiegato l’argomento del Brahman impersonale e la conoscenza che ne deriva.”
Srimad-Bhagavatam 1.5.4

In altre parole, l’aspetto impersonale di Dio è reale ed esistente, e perciò andava spiegato; in questo senso Vyasa non aveva fatto altro che il suo dovere. Questo mondo è anche chiamato kalpataru, l’albero dei desideri, perché vi si può trovare ciò che si desidera; si vuole godere dei propri sensi? è possibile; ci si vuole immergere nella sostanza eterna e indifferenziata chiamata Brahman? anche questo è attuabile, e Vyasa, assolvendo al suo compito, ce ne ha dato una base e una giustificazione filosofica. Quanti di noi sono attratti all’idea di vivere eternamente senza nessun Dio, addirittura con la prospettiva di poter credere di esserlo? Qualcuno doveva facilitare le cose a tali persone. Per questo Vyasa ha compilato le Upanisad seguendo determinate direttive e ha dato enfasi al Nirguna Brahman.

Ma che il Brahman impersonale sia la perfezione ultima dell’esistenza e la massima realizzazione possibile non è scritto da nessuna parte. Chi lo dice afferma il falso.

Un ulteriore punto di vista della metodologia didattica dei Veda ci è stata data da Prabhupada, il quale dice:

“Siccome quando la gente sente dire che Dio è una persona pensa che sia uguale a lei, allora i Veda dicono anche: no, Egli non è una persona”.

Ma nel senso che non è una persona come noi.

D: Dio è e deve essere illimitato, mentre il concetto di persona è limitativo. Come possono queste contraddizioni coesistere?

R: Probabilmente questa è una delle più spinose questioni della filosofia; specialmente in Oriente dove la diatriba è sempre stata particolarmente accesa. In India, poi, i libri scritti a questo proposito sono numerosi, sia per affermare che per negare la personalità di Dio. Di sicuro è un argomento che meriterebbe un volume a parte.

Senza dubbio Dio, Krishna, è una persona proprio come lo siamo noi, con una forma corporea precisa, una personalità, una individualità, dei gusti, delle cose che gli piacciono o meno, con delle attività precise che spesso possono persino essere scambiate per azioni ordinari. Però nello stesso momento Egli non è (e non potrebbe mai essere) come noi, perché è assoluto e trascendentale. Il fatto di avere un corpo o una personalità non lo limita per nulla; le Sue potenze sono sempre illimitate e incommensurabili.

Colui che più di tutti è riuscito a diffondere quella che i Vaisnava chiamano “filosofia mayavada” è stato Sankara.
O Sankaracarya, il mae¬stro Sankara
Egli ha insistito sul punto che Dio non possa avere una personalità e che tutto è uno. Ogni cosa proviene da un’unica sostanza spirituale e che ogni dualità è solo illusoria (maya). Da quel giorno i filosofi personalisti hanno avuto il loro daffare per sconfiggere questa teoria che loro stessi definiscono demoniaca. Ma, ancora una volta, i Veda ci vengono in aiuto e veniamo a conoscenza di una cosa stupefacente: Sankara non era affatto convinto di ciò che diceva, anzi lo affermava nella consapevolezza di propagare una menzogna, la più grande che mai sia stata proposta nelle pagine del libro del mondo.

Nella Srimad-Bhagavatam appare la storia della volta in cui Siva fu maledetto da Bhrgu. Il saggio sentenziò:

“Colui che prende il voto di soddisfare Siva o che segue i principi da Lui enunciati diventerà un ateo e si vedrà trascinato lontano dalle ingiunzioni delle scritture, (e cioè verrà privato del privilegio di poter praticare le discipline insegnate nei testi sacri).”
Srimad-Bhagavatam 4.2.28

Nel suo commento a tale verso, Prabhupada aggiunge che nel Padma Purana

“…la Suprema Personalità di Dio ordinò a Siva di predicare la filosofia impersonalistica, o mayavada, per uno scopo particolare, proprio come Buddha predicò la filosofia del Vuoto per fini particolari anche questi specificati nelle sastra.”

Le ragioni? Srila Gurudeva, nello stesso commento, va avanti a spiegare:

“Talvolta è necessario predicare una dottrina filosofica contraria alle conclusioni vediche. Nella Siva Purana è detto che il Signore Siva confidò a Parvati che in Kali-yuga avrebbe assunto il corpo di un brahmana e avrebbe predicato la filosofia mayavada… gli adoratori di Siva generalmente sono mayavadi… Lo stesso Signore Siva dice che i suoi devoti sono persone che si oppongono alle conclusioni delle scritture. (Dunque) Bhrgu Muni maledisse quelle persone che adoravano Siva a diventare seguaci di questa filosofia demoniaca, la quale tenta di stabilire che la Suprema Personalità di Dio è priva di personalità (e di attributi).”

Ma sentiamo cosa dice lo stesso Siva:

“Mia cara moglie, ascolta: ti spiegherò come ho diffuso l’ignoranza mediante la filosofia mayavada. Semplicemente ascoltandola, anche uno studioso avanzato cadrà (nelle tenebre della falsità). In questa filosofia, che certamente è di pessimo auspicio per tutti, io ho manipolato (trasformandolo) il vero significato dei versi vedici e ho raccomandato che, per ottenere libertà dal karma, si deve abbandonare ogni attività. In questa filosofia mayavada io affermo che il jivatma e il Paramatma sono la stessa cosa.”
Padma Purana, riferimento trovato nella Caitanya Caritamrta, Adi-lila 7.110

Nel suo commento Srila Prabhupada si rifà alla stessa scrittura, (ma alla sezione Antya-lila), in cui Svarupa Damodara Gosvami dice:

“Chiunque desideri capire la filosofia mayavada deve essere considerato pazzo”.

Alla luce di queste affermazioni (e di moltissime altre che si potrebbero aggiungere) dobbiamo concludere che i Veda propongono tutt’altro che un’entità suprema impersonale.

D: C’è differenza tra filosofia mayavadi e filosofia advaita (o monistica)?

R: In realtà c’è. A voler essere precisi il termine mayavada si riferisce a quella filosofia che sostiene l’illusorietà dell’esistente, in particolar modo della natura materiale. In altre parole, tutto ciò che sembra esistere in realtà non esiste.

Prima di Sankara c’è stato un altro importante filosofo, Gaudapada, che fu maestro di Sankara,
Per l’esattezza fu il parama-guru di Sankara
che proclamò la totale mancanza di realtà dell’esistente. Sankara ha inglobato nella sua teoria advaita anche la tesi mayavada. Per questo negli ambienti Vaisnava è andata in uso l’abitudine di chiamare i seguaci di Sankara, sia advaita-vadi che mayavadi, seguaci della dottrina della non realtà del mondo.

D: Cosa c’è di sbagliato in ciò? Tutte le Upanisad e anche il Brahma-sutra lo affermano con forza e ripetutamente.

R: La natura materiale (come vedremo meglio in seguito) è illusoria nel senso che è impersonale e temporanea; ma non è non-esistente. Come energia divina, essa è reale in tutto e per tutto.

Semmai l’illusione consiste nel fatto di identificarsi in essa, e cioè nel credere di essere un corpo, di essere nati e di far parte di tale natura inferiore: questa è illusione. Ma non è che la natura materiale non esista e che siamo solo noi a vederla esistente. Queste teorie sono tanto dannose per lo spirito quanto il veleno di un serpente per il corpo.

D: Se questa filosofia è così negativa, perché Krishna avrebbe mandato Siva a predicarla? Così facendo non ha contribuito all’allontanamento e alla sofferenza di tanta gente?

R: La ragione di tutto ciò è complessa. Per rispondere andremo a leggere un commento di Srila Prabhupada che troviamo nel Caitanya Caritamrta, dove dice:

“Sankaracarya, per ordine della Suprema Personalità di Dio, fece un compromesso tra ateismo e teismo. Egli ingannò gli atei e li portò al teismo. Per conseguire tale risultato dovette tralasciare il metodo diretto della conoscenza vedica e presentarla in maniera indiretta. Sempre con questo piano in mente scrisse lo Sariraka-bhasya…”.
Adi-lila 7.110

A quel tempo (stiamo parlando di circa mille anni fa) in India la filosofia buddhista era molto in voga e, come sappiamo, tale dottrina non riconosce l’esistenza di un Essere Supremo né quella di esseri individuali, né l’esistenza oggettiva di una energia spirituale. Idee del genere portano all’ateismo, ed era proprio ciò che stava accadendo. Inoltre dobbiamo ricordare quanto in quel periodo la classe brahminica fosse degradata e quanto indegnamente rappresentasse la cultura vedica, per cui Sankara non ha potuto fare di meglio che predicare una filosofia che stabilisse l’esistenza di una energia spirituale, senza riaffermare in modo chiaro la realtà di una Personalità Divina: cosa questa che lo avrebbe inevitabilmente risucchiato in un controproducente vortice dialettico di tipo vedico. Ecco la ragione storica della venuta di Sankara e della sua predica.

Ancora una volta vediamo dunque che Dio e i suoi rappresentanti predicano a seconda dei tempi e delle circostanze.

D: Poc’anzi è stato detto che non fu Sankara il primo a negare l’idea dell’assenza di varietà materiali e anche di quelle ultraterrene spirituali. Già Buddha aveva tentato di confutare le tesi vediche predicando il nirvana, che altro non è che una meta simile a quella a cui giungono i mayavadi monisti. Ambedue si ritrovano d’accordo nel negare l’esistenza di una personalità individuale. In che modo si colloca la filosofia del Buddha rispetto alla conoscenza vedica?

R: Come abbiamo già avuto occasione di dire, Buddha consigliò ai suoi discepoli di non accettare i Veda come autorità spirituale, ma gli stessi Veda, ben prima della sua venuta, ne avevano predetto l’incarnazione. Buddha è, per l’appunto, un’incarnazione di Visnu
Srimad-Bhagavatam 1.3.24
e addirittura scende su questo pianeta in modo periodico.
Vedi Srimad-Bhagavatam 2.7.37
Ci si potrebbe chiedere come mai Sri Krishna, che è il compilatore dei Veda, in una delle sue incarnazioni affermi che non se ne devono osservare gli insegnamenti.

Ma tutto ciò non deve stupire. Al tempo del Buddha il materialismo era molto diffuso e la gente interpretava nel peggiore dei modi i testi vedici, tanto che col pretesto di rispettare alcune regole venivano praticate numerose attività spiritualmente illecite. Quando Buddha apparve, ormai i Veda erano stati così tanto manomessi, che questi si trovò costretto a ordinare al popolo di non seguirli più. Predicò la filosofia dell’ahimsa, la non-violenza, ed evitò accuratamente di inoltrarsi in discussioni filosofiche che trattassero di argomenti di tipo noumenico, quali l’anima e Dio.

E’ risaputo che i primi documenti buddhisti risalgono a secoli dopo la sua scomparsa, in quanto il Buddha non lasciò nulla di scritto. Furono pertanto i suoi discepoli a manovrare i suoi insegnamenti trasformandoli in quelle che sono le odierne ramificazioni del pensiero ateistico. In realtà gli insegnamenti del Buddha andrebbero inseriti in un contesto vedico.

D: Quali sono i principali contrasti ideologici fra i Veda e gli insegnamenti del Buddha e di Sankara?

R: Come sempre nel corso della storia del pensiero umano, occorrerebbe operare delle distinzioni fra ciò che originalmente è stato detto dal profeta e quello che i suoi seguaci hanno poi compreso e propagato. Il problema storico della filosofia e della religione è sempre stato costituito dalla trasmissione, soprattutto quando questa si protrae per secoli o addirittura per millenni, come nel caso di cui stiamo parlando. I buddhisti e i mayavadi, infatti, non ne costituiscono eccezione.

Parlare in poche parole di una filosofia è sempre difficile perché quando diciamo “buddhismo” non possiamo intendere un solo sistema, in quanto gli insegnamenti stessi che si riconoscono nella predica del Buddha, nel corso dei secoli, hanno subito almeno quattro scissioni di grande importanza ideologica. Tentiamo comunque di enunciare i principi che sono accettati dalle principali scuole buddhiste.

Qualsiasi idea di individualità è falsa e illusoria: in realtà non esiste nulla di oggettivo, in quanto ogni cosa è un flusso continuo di elementi interdipendenti fra loro (e che perciò non hanno esistenza oggettiva). Ciò vale per tutto, anche per la stessa idea di Dio, la quale è un’altra illusione. Il fine ultimo è dunque realizzare l’assenza di qualsiasi sostanza; e questo elemento è chiamato nirvana, una specie di elemento-come-negazione-di-ogni-elemento. Infatti la parola nirvana si deve tradurre in questi termini: “(qualcosa di) estinto, tramontato, cessato, acquietato, perso, scomparso”. Per ottenere il nirvana dobbiamo diventare qualcosa del genere, estinguere cioè la nostra personalità.

A questo punto viene da chiederci: a rigore di logica ogni elemento trova la perfezione tornando alla sua origine. Se il nirvana è la nostra perfezione, allora deve essere anche la nostra origine, il punto di partenza, la dimensione dalla quale siamo scaturiti. Se così stessero le cose e se noi fossimo stati delle entità estinte, anzi mai esistite, come siamo potuti venire ad essere? e anche se ciò fosse stato possibile, cosa avrebbe spinto questa entità (entità per modo di dire) a giungere in questo mondo? E ancora: se l’origine di tutto fosse una non-esistenza, non si spiegherebbe come mai sia nato senza ragione un suo opposto, cioè maya, l’illusione di essere.

Come molti maestri, in special modo i guru della scuola Vaisnava, hanno sottolineato nel corso dei secoli, potremmo trovare numerose incongruenze e illogicità nelle teorie buddhiste.

Invece per quanto riguarda Sankara il discorso è diverso. Buddha aveva apertamente denigrato i Veda, aveva ingiunto ai suoi seguaci di non eseguirne i precetti, di non accettarne le conclusioni. Sankara notò le enormi falle ideologiche del suo predecessore e soprattutto l’inaccettabilità della sua protesta nei confronti dei Veda; una cosa era sottolineare le pecche dei rappresentanti degenerati, un’altra rigettare quello che era ed è ancora il ceppo originale di tutta la cultura del nostro pianeta. Dunque promosse un’altra idea, molto più affine agli insegnamenti vedici.

Non potendo negare l’esistenza delle cose, né d’altra parte mettere in dubbio che all’inizio di tutto ci dovesse essere stato “qualcosa”, sostenne che esiste il solo “eterno, indifferenziato Brahman, sorgente e fine di ogni cosa”, e negò qualsiasi dualità nell’elemento primordiale, relegandole (le dualità) all’esistenza illusoria. Ogni dualità era un’illusione: il fine ultimo, la perfezione della nostra esistenza consisteva nell’immergersi nel Brahman e diventare un tutt’uno con la sua esistenza qualitativa. Cosa implica tutto ciò?

In primo luogo la non esistenza di Dio. Infatti tra il sostenere che Dio non è una persona e che noi tutti siamo Dio, e il dire che non esiste un Ente Supremo non vi corre una grande differenza. In verità ci sembra una proposta molto più subdola di quella buddhista.

In secondo luogo, spazzata finalmente via la scomoda realtà di un Dio personale, tutti noi possiamo diventare l’Essere Primordiale e godere per l’eternità di quella fatata dimensione di gioia. Non siamo subordinati a nessuno, non abbiamo bisogno di nessuno. Così con un colpo di mano da vero maestro, Sankara ha proposto la perfezione dell’ateismo, non più nel suo aspetto banale (nell’affermare cioè che Dio non esiste o fingere che si tratti di un argomento di secondaria importanza), contro cui i grandi pensatori teisti si erano sempre mossi con grande disinvoltura provocando sconquassi irrimediabili per gli avversari, ma ha offerto una tesi che ha la forza di essere la più grande falsità proprio perché è la più vicina alla verità. Quale falsità potrebbe essere più grande di quella più simile alla verità?

E’ vero che noi proveniamo da Brahman (il Brahmajyoti), ma non è vero che sia la nostra meta ultima. O meglio: dire che noi dobbiamo tornare da Brahman è corretto, ma non nel Brahman dei mayavadi, piuttosto in quello dei Vaisnava, il Brahman personale. Strumentalizzando gli stessi Veda, Sankara propagò la sua filosofia dell’Uno Indifferenziato, raccogliendo molti consensi fra le popolazioni di Kali-yuga, le quali sembravano non aspettare altro che qualcuno che venisse a proporre una teoria del genere.

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