Argomento Secondo – Il Maestro della devozione: Caitanya Mahaprabhu
Nelle sezioni prima e seconda, Jiva Gosvami descrive Krishna Caitanya, affermando che Egli era la Suprema Personalità di Dio. Per dimostrarlo, usa dapprima un verso dello Srimad-Bhagavatam e poi uno proprio.
Il verso del Bhagavatam è il celebre Krishnavarnam tvisaKrishnam, recitato dal saggio Karabhajana a Nimi (11.5.32). Srila Prabhupada si rifà a questo verso nei suoi scritti un centinaio di volte, spesso pronunciandolo anche in pubbliche lezioni. Krishnadasa Kaviraja Gosvami, nel suo Caitanya-Caritamrta, lo ripete per cinque volte. Lo riportiamo per intero:
krishna-varnam tvisakrishnam
sangopangastra-parsadam
yajnaih sankirtana-prayair
yajanti hi sumedhasah
Srila Prabhupada lo traduce in questo modo:
“Nell’era di Kali, le persona intelligenti praticano il sankirtana per adorare l’incarnazione divina che costantemente recita il nome di Krishna. Sebbene il Suo colore fisico non sia scuro, Egli è Krishna stesso. E’ accompagnato dai Suoi associati, servitori, armi e compagni confidenziali.”
Qui Jiva Gosvami puntualizza non solo la divinità di Caitanya, ma anche l’importanza fondamentale del sankirtana, il quale è allo stesso tempo Yuga-dharma e Sanatana-dharma. Perciò, chi desidera la liberazione dalle pene dell’illusoria e temporanea esistenza materiale, reciterà con entusiasmo i nomi e gli atti santi di Krishna. Le Scritture confermano:
“Gli esseri viventi, che sono imprigionati nelle complicate matasse della nascita e della morte, possono liberarsi immediatamente cantando, anche solo inconsciamente, il santo nome di Krishna; Egli è temuto persino dalla paura personificata.” (SB 1.1.14)
“Chi fra coloro che desiderano la liberazione dai vizi dell’era della discordia non vorrà ascoltare le glorie virtuose del Signore?” (SB 1.1.16)
Ci sono numerosi versi dal Primo Canto del Bhagavata che danno il massimo rilievo all’importanza dell’ascolto e del canto (o della recitazione) del nome e degli atti del Signore Supremo Sri Krishna.
I commentatori del Tattva-sandarbha, primo fra cui Sri Baladeva Vidyabhusana, si soffermano sul composto Krishnavarnam (che fa parte del verso 11.5.32 del Bhagavatam che stiamo studiando). La traduzione naturale reciterebbe “di colore scuro”, indicando così la personalità di Krishna. Ma se accettassimo questa versione, il significato completo del verso diventerebbe incomprensibile: infatti l’espressione seguente suggerisce akrishnam, cioè non scuro. Ma Krishna è scuro di carnagione. Inoltre il verso continua dicendo yajnaih sankirtana-prayair, indicando che in Kali-yuga Egli canta costantemente i nomi del Signore. Krishna però appare in Dvapara-yuga e non fa queste cose. Chi, dunque, pratica il sankirtana insieme ad “armi, compagni, ecc.” (sangopangastra-parsadam)? Il Gosvami Maharaja dice che krishna-varnam vuol dire Sri Caitanya.
Qualcuno avanza l’ipotesi che questo verso possa contenere la predizione di un altro avatara di Krishna in Kali-yuga. Ma Jiva Gosvami boccia questa idea sulle basi del Bhagavata Purana stesso (10.8.13), nel quale si dice:
“… in altre ere Krishna appare in corpi dai colori differenti, bianco, rosso e giallo… in questo yuga è apparso col colore scuro”.
Nel verso sotto analisi troviamo la parola idanim, che vuol dire “ora”, in questa era, cioè in Dvapara-yuga, quando il Bhagavata Purana fu scritto. A conferma di quanto detto, notiamo che non è prevista alcuna incarnazione di Krishna in Kali-yuga che abbia un colore fisico scuro.
L’avatara di Satya-yuga è stato bianco e quello del Treta-yuga rosso; grazie a un elementare processo di eliminazione, quello di Kali-yuga deve essere di colore dorato, il colore fisico di Sri Caitanya. Sulle basi di questa e di altre testimonianze vediche, Sri Jiva non accetta l’idea che in Kali-yuga possa venire un altro avatara di Krishna con una carnagione scura. Il pita-avatara altri non è che Sri Caitanya Mahaprabhu.
Compreso il termine akrishnam, rimane insoluto il dilemma di krishna-varnam. Sri Jiva lo spiega traducendolo con “sillaba”, dandogli così il significato di “colui il cui nome contiene le due sillabe kr e sna”. Ed è risaputo che il nome completo di Caitanya è Krishna Caitanya. Ma Krishna-varnam può anche significare “colui che diffonde la fama di Krishna” e altre accezioni tutte corrette da ogni punto di vista.
Baladeva Vidyabhusana aggiunge che Krishna-varnam potrebbe comunque benissimo essere tradotto come “di colore scuro”, nel senso di “scuro dentro”, in quanto Sri Caitanya è Krishna che esternamente assume il colore dorato di Srimati Radharani. Perciò Caitanya Mahaprabhu è “scuro nella propria natura più segreta”.
Questa spiegazione dell’Acarya Baladeva rende perfetto anche il connubio con il termine akrishnam che segue. Infatti, come può una persona essere di “colore scuro” (krishna-varnam) e contemporaneamente “di colore chiaro” (akrishnam)? La spiegazione è che Sri Caitanya è scuro dentro (in quanto Egli è Krishna) e chiaro fuori (in quanto assume la carnagione e i sentimenti di Srimati Radharani). Visvanatha Cakravarti Thakura, nel suo commento al Bhagavatam, dice che il colore di Caitanya Mahaprabhu era descrivibile nei termini di indranilamani, simile a quello dell’oro fuso.
Jiva Gosvami continua a fornire prove che le parole di Karabhajana intendevano predire la discesa di Gauranga Mahaprabhu. L’espressione sangopangastra-parsadam è composta da anga, parti della propria persona, upanga, ornamenti, astra, armi e parsadam, compagni e servitori. Tale descrizione non sembrerebbe adattarsi perfettamente a Caitanya Mahaprabhu, eppure il Gosvami (sostenuto da Baladeva Vidyabhusana) dice che gli anga sono Nityananda e Advaita (notoriamente incarnazioni di Maha-Visnu e di Balarama); gli upanga sono i Suoi devoti, come ad esempio Srivasa; gli astra sono il nome di Krishna, efficace nella distruzione dell’ignoranza; i parsadam sono i devoti come Gadadhara e altri numerosi fortunati compagni che hanno vissuto la Gaura-lila insieme a Lui . Infatti, mentre in altre ere talvolta il Signore usa le armi per affermare i principi religiosi (eliminando fisicamente gli elementi di disturbo), in Kali-yuga Sri Caitanya usa solo il Nome per distruggere “le tenebre nate dall’ignoranza”.
Ma l’espressione che eliminerà ogni dubbio sull’identità dell’Avatara dell’era di Kali sarà proprio sankirtana-prayair, la gioia di riunirsi insieme ad altri devoti in grandi gruppi per cantare ferventi preghiere devozionali a Krishna. E questo è stato l’insegnamento fondamentale di Sri Gauranga, di cui ha dato il migliore esempio possibile. Cade dunque ogni dubbio che la personalità divina di cui Karabhajana parlava possa non essere Sri Caitanya. Le persone intelligenti (sumedhasah) si rivolgeranno a Lui per ottenere sollievo dalle pene e dalle incertezze dell’esistenza materialistica, pallida ombra della Realtà vera.
Nel secondo verso, Sri Jiva non fa altro che ripetere con parole sue quanto appena detto. Il verso dice:
Nel Kali-yuga, prendiamo rifugio in Krishna Caitanya mediante il sankirtana, in Lui che è scuro dentro e chiaro fuori; gli aspetti più profondi della Sua personalità (anga) rivelano la Sua natura divina.
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