Storia Gaudiya Vaishnava

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Fra il 17 e il 18 secolo, i Gaudiya Vaishnava rischiarono di scomparire, quando furono attaccati dalle varie scuole filosofiche, ed in particolare dalla Tattva-vada di Madhvacarya e dalla Ramanandy (i Ramanuja, una scuola mista fra quella iniziata da Madhva con la Lakshmi Sampradaya).
Le contestazioni principali erano le seguenti:

1. I Gaudiya non hanno un commento al Vedanta Sutra, dato che il Bhagavatam non può essere accettato come commento.

2. Sri Caitanya Mahaprabhu non può essere accettato come discendente di Madhvacarya.
All’ epoca non esisteva alcuna prova che fosse stato iniziato da Isvara Puri, discendente di Madhvacarya.

3. Non esiste prova scritta che l’ adorazione di Radharani è autentica.

Effettivamente Radha non compare mai nella letteratura vedica, nemmeno nel Testo originale dello Srimad-Bhagavatam. Si comincia a parlare di Radha solamente dopo l’ apparizione dei sei Gosvami.
In realtà Radha compare in maniera sottile in numerose opere, come appunto il Bhagavatam.

Radha è il sostantivo della radice verbale Aradh, che significa venerare o adorare. Radha è quindi la migliore di tutte le devote.

Ma i rappresentanti delle varie scuole filosofiche pretendevano prove dell’ autenticità dell’ adorazione di Radha, dato che erano molto conservatori, e nei Templi antichi, nei quali si era sempre adorato Krishna, era stata affiancata la figura di Radharani, dopo che furono affidati ai monaci Gaudiya.

Fu cosi che si recarono alla corte del re di Jaypur, Raja Mansing, che era anch’ esso un Gaudiya Vaishnava, per chiedere di riunire i rappresentanti Gaudiya in un concilio, dove sarebbero intervenuti gli intellettuali delle varie scuole filosofiche, per discutere se accettare o meno i Gaudiya Vaishnava come corrente autentica, pena l’ emarginazione dalle grandi funzioni religiose.

Il miglior filosofo Gaudiya Vaishnava dell’ epoca era Visvanatha Chakravarti Takura, che risiedeva a Vrindavana. Essendo molto vecchio, non poteva affrontare un viaggio cosi lungo a bordo di un carretto.
Fu cosi che Chakravarti Takura elesse come suo rappresentante un suo studente, il sannyasi Baladeva Vidya Bhusana, un personaggio particolare, perché era stato iniziato nella tradizione tattva-vada, che stava proprio attaccando i Gaudiya.

Baladeva Vidya Bhusana era un sannyasi che viveva vicino a Jagannath Puri, quando incontrò Ramasharan. Chiese reiniziazione, una cosa che non si usa e non si usava. E’ proibito, e consentito solo in casi straordinari.
Presa la reiniziazione, fu inviato dal suo Guru a Vrindavana, per ricevere una profonda istruzione filosofica dal miglior intellettuale del tempo, Visvanatha Chakravarti Takura.

Fu cosi che Baladeva, studiando la filosofia sotto la guida di Visvanatha Chakravarti Takura, divenne ben presto molto esperto, tanto da venir inviato al concilio di Galta come rappresentante ufficiale della Gaudiya Math.

Al consiglio Baladeva spiegò ai saggi riuniti che i Gaudiya accettano come commento originale del Vedanta lo Srimad-Bhagavatam, ma questo punto non venne accettato da nessuno.
Quindi il re, messo alle strette, chiese a Baladeva di fornire un commento. Baladeva accettò la sfida, chiedendo solo tre giorni di tempo (qualcuno dice sette).

Chiuso in una stanza a fianco al Tempio di Govindaji, scrisse il Govinda-bhasya, che si dice sia stato ispirato da Govinda in persona.
Il primo punto principale, la mancanza di un commento “autentico” del Vedanta era ora risolto.
Lo stesso commento chiarisce gli altri punti, primo fra i quali la posizione di Srimati Radharani.

Innanzitutto Baladeva chiari che la natura di Srimati Radharani, con tanto di nome e riferimenti precisi, è trattata nei Purana antichi, come il Padma, il Brahma Vaivarta e il Vishnu.
Il motivo perché nel Bhagavata è appena menzionata dipende dal fatto che è stato parlato da Suka-deva Gosvami in appena sette giorni, realmente troppo pochi.

Suka-deva è il pappagallo di Radha, e quindi sapeva tutto, perché dagli alberi di Goloka Vrindavana poteva guardare i Loro divertimenti.
Se avesse raccontato dei divertimenti della Divina Coppia, preso dall’ estasi, non avrebbe potuto narrare il Bhagavatam in sette giorni. Il tempo stringeva, perché a breve il re Pariksit sarebbe stato morso a morte da un serpente alato, a causa della maledizione del figlio di un brahmana.

La filosofia è pura logica incontaminata, le Scritture sono pura logica, e Baladeva era un vero esperto.

Spiegò infatti ai saggi che non esiste persona senza le proprie capacità (volere, sentire,…). L’ essere è Shaktiman (colui che possiede l’ energia), e la Shakti è quell’ energia posseduta dall’ essere.

Krishna possiede infinite energie, ma la Sua suprema è il Prema, la più intima e cara. Essendo Krishna, non può essere diversamente.
Il Prema si personifica in Radharani, che E’ la parte migliore di Krishna, tanto che quando la incontra Lui stesso, ne rimane completamente rapito.

Rimaneva da chiarire la discendenza per Parampara di Sri Caitanya Mahaprabhu con Madhvacarya, in quanto Isvara Puri, Guru di Caitanya, non era un discepolo importante di Madhavendra Puri, quindi non vi erano prove ufficiali ne della sua esistenza, ne della sua discendenza con Madhva.

Un altro problema è che i Vaishnava davano importanza all’ iniziazione formale diksa, senza la quale non avevano nemmeno diritto di parlare in un’ assemblea Vaishnava.

Baladeva portò documenti che provavano inequivocabilmente la discendenza disciplica con Madhva.

Inoltre presentò prove circa l’ importanza siksa, ugualmente importante quanto la diksa.
Ad esempio, se si prende iniziazione diksa da un Guru, ma si ascoltano le istruzioni di un altro Guru, si è discepolo di tutti e due, anche se il secondo non ha dato iniziazione formale.

Per comprendere il perché di questo, analizzò il significato delle due parole.
Innanzitutto l’ iniziazione è la trasmissione della conoscenza trascendentale.

Diksa contiene di, che deriva da divia-jnana, rispettivamente trascendentale e conoscenza, e ksa, che deriva da ksapayati, che significa trasmettere.

Siksa contiene si, che significa conoscenza, mentre ksa ha lo stesso significato di cui sopra.

Le due parole hanno quindi una differenza solo formale, ma vogliono sostanzialmente dire la stessa cosa.
Differiscono nella strumentalità, ossia il metodo con il quale viene trasmessa questa conoscenza.

Il Guru diksa lo fa attraverso i mantra, mentre il Guru siksa attraverso la spiegazione dei concetti filosofici.
Di conseguenza il diksa è anche siksa, mentre il siksa non è necessariamente anche diksa.
Persino molti dei nostri Acarya non hanno preso diksa dal Guru precedente, come ad esempio Bhaktivinode Takura.

A questo punto la maggior parte dei saggi erano convinti, anche se non proprio tutti, più che altro per gli interessi in gioco, come il controllo dei Templi, che comunque sono rimasti in gestione ai monaci Gaudiya Vaishnava.

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