I Dravidiani nella letteratura Vedica-Puranica
Alcuni testi Vedici, come l’Aitareya Brahmana o il Manu Samhita, hanno definito i Dravidiani come gente “al di fuori della cultura Vedica”. Questo non significa che siano una razza diversa o un altro popolo. Il contesto era che gli indiani del Sud sono discendenti di re Vedici degenerati, come Visvamitra. Gli stessi testi dicono la medesima cosa di alcuni gruppi del Nord (come quelli del Bengala), definendoli “al di fuori della cultura Vedica”. Eppure si tratta di popoli dello stesso ceppo razziale e del medesimo linguaggio. L’opinione apparentemente sfavorevole a riguardo dei Dravidiani è causata da degenerazioni di re o saggi specifici ed è di natura temporanea. David Frawley porta ad esempio il Ramayana, in cui gli abitanti di Kishkindha (la moderna Karnataka) divennero alleati di un re Aryano come Rama. Naturalmente l’argomento di Frawley è una chiara forzatura, ma il punto che vuole illustrare può essere considerato corretto.
Se guardiamo alla storia dell’India, vediamo che non c’è parte di essa che non sia stata, almeno per un periodo, dominata da tradizioni non ortodosse, come la Buddhista, la Jaina o la Persiana, per non menzionare religioni totalmente straniere come l’Islam o il Cristianesimo o da veri e propri conquistatori come i Greci e gli Unni. Ci fu un periodo in cui il Gujarat non veniva visto di buon occhio dai letterati Vedici, in quanto era sotto il dominio culturale dei Jainisti, ma questo non trasforma i Gujarati in un’altra razza né trasforma tutti i natii di quella terra in non-Aryani permanenti.
Qualcosa del genere accadde ai Dravidiani.
Dando un’occhiata alla storia europea, ci sono esempi che illustrano la questione. A un certo punto della sua storia, l’Austria passò attraverso una fase di protestantesimo, ma questo non vuole dire che gli austriaci non potranno più essere Cattolici.
Il lignaggio di molti re del Sud dell’India, come quelli delle dinastie Chola e Pandya, risale fino a Manu. Il Matsya Purana dice addirittura che il nostro Manu presente, Vaivasvata, era il monarca di un regno del Sud, e il suo nome era Satyavrata . Troviamo perciò importanti personaggi Dravidici che hanno un retaggio Aryano e viceversa. Le due culture sono così intimamente legate che è difficile stabilire quale venne prima. In realtà questa divisione tra Aryani e Dravidiani è una invenzione pressoché totale.
I Dravidiani come preservatori della cultura Vedica
Durante la lunga e spesso crudele invasione islamica, il Sud divenne il rifugio della cultura Vedica, cosa che può essere notata anche nei nostri giorni. I riti, la corretta recitazione di mantra e altre tradizioni Vediche si trovano nel Sud ancora intatte. E’ quasi ironico pensare che i conquistati si siano dati tanto da fare per far rimanere invariata la cultura degli invasori barbari e sanguinari. Se si va al Sud dell’India e si parla con studiosi (ma anche con gente comune), nessuno sente che la loro cultura sia straniera.
L’oppressione di idee altrui non è mai stata caratteristica degli Hindu. Nessun conquistatore Vedico ha mai imposto la propria religione con la forza. Basta studiare un po’ per vedere quale fosse la loro mentalità, che era di tolleranza e rispetto, a meno che questa non disturbasse l’ordine sociale.
Da tutto ciò si evince in modo chiaro che l’India è sempre stata un’unica nazione sotto la medesima (anche se nel contempo variegata) tradizione culturale.
Argomentazioni astronomiche
Nel Rig Veda si trovano conferme astronomiche di eventi accaduti nel III millennio AC e anche prima, indicando che le origini degli inni Vedici devono essere fatti risalire in epoche ben antecedenti al 3000 AC.
Il contributo del mondo Vedico alla filosofia, alla matematica, alla logica, all’astronomia, alla medicina e ad altre scienze provvedono una delle fondamenta delle ricerche scientifiche di tutte le civiltà che hanno provveduto a creare le basi del mondo moderno. Se i Veda fossero stati composti dopo il 1500 AC, tutta la storia dell’antichità dovrebbe essere rivista.
I testi Vedici e anche quelli successivi contengono vasti capitoli contenenti informazioni astronomiche. Il calendario Vedico era basato sulle osservazioni astronomiche degli equinozi e dei solstizi. Testi come il Vedanga Jyotish parla di un periodo in cui l’equinozio primaverile era nel mezzo del Nakshatra Aslesha (che corrisponde al Cancro, 23 gradi 20 primi). Questo vuol dire che l’osservazione è stata fatta nel 1300 AC.
Lo Yajur Veda e l’Atharva Veda parlano dell’equinozio primaverile delle Krittika (cioè le Pleiadi, il Toro) e del solstizio d’estate (ayana) in Magha (Leone). Questo indica la data del 2400 AC. Molte altre ere vengono menzionate, ma queste due appena citate hanno numerose citazioni per sostanziarle. Ciò prova che la cultura Vedica esisteva in questi periodi e che erano in possesso di un sistema di astronomia altamente sofisticato. Queste evidenze sono state completamente ignorate dagli studiosi Occidentali perché significherebbe ammettere che la loro cronologia è come minimo lacunosa.
I testi Vedici, come il Shatapatha Brahmana e l’Aitareya Brahmana, che menzionano questi dati astronomici, menzionano un gruppo di undici re Vedici (con annesse altre informazioni dal Rig Veda) che “hanno conquistato l’intera India da mare a mare”. Le terre degli Aryani non consistevano solo dell’odierna India, ma andavano dal Gandhara (antico nome dell’Afganistan) che è a Occidente, a Videha (il Nepal) fino al Vidarbha (che corrisponde al Maharashtra, quindi a Sud). I Veda raccontano di queste conquiste specificando i dati astronomici dell’equinozio di Krittika, stabilendo così in modo inconfutabile la data di tali conquiste al 2400 AC. Questi passaggi sono stati ignorati perché, in accordo ai loro pregiudizi, non potevano esistere grandi imperi in India ai tempi Vedici. La disonestà intellettuale di tali cosiddetti studiosi è andata al di là di ignorare o di interpretare a modo proprio le evidenze letterarie, giungendo a modificare i versetti per avvalorare la loro teoria dell’invasione Aryana.
Anche il dott. Rajaram presenta altre evidenze da analisi astronomiche, le quali provano che gli Aryani erano in India molto prima del 2500 AC. Bal Gangadhar Tilak e Hermann Jacobi a Bonn hanno concluso che certamente parti del Rig Veda devono essere stati composti prima del 4000 AC.
Recenti analisi computerizzate condotte da Subhash Kak sui codici astronomici mette fine alla teoria che l’astronomia Indiana sia un derivato della sua controparte Greca. Egli ha rilevato che i periodi orbitali dei cinque pianeti maggiori (così come sono spiegati nel Rig Veda) contengono dati sorprendentemente precisi e tutto questo ben prima che in Grecia esistesse una cultura degna di essere chiamata tale.
Conseguenza della Teoria dell’Invasione Aryana nel contesto sociale indiano
L’analisi delle ragioni che hanno condotto gli indologi del secolo passato a proporre una teoria così destabilizzante per l’immaginario collettivo indiano, hanno indotto numerosi studiosi, che oggi si oppongono alle falsificazioni della storia antica della nobile terra, a ritenere che la nascita di tale teoria abbia avuto le seguenti ragioni:
• Dividere in modo artificiale l’India in una cultura Nord-Aryana e Sud-Dravidica, in modo da infrangere il senso di unità del popolo indiano.
• Offrire la scusa ai Britannici per giustificare la loro colonizzazione, dicendo che, in fin dei conti, loro stavano facendo nel XIX secolo ciò che gli indiani avevano fatto millenni prima.
• Rendere la Vedica successiva e addirittura derivata da culture Medio-Orientali, specialmente quella Greca.
• Porre il Cristianesimo su un piedistallo di superiorità, in modo da facilitargli la diffusione in Oriente.
• Collocare le scienze indiane in una posizione di inferiorità storica, in modo che qualsiasi azione di conquista venisse ad essere giustificata.
In realtà la teoria dell’invasione Aryana getta discredito non solo sui Veda, ma anche sui Purana, i quali non sarebbero più testi di storia ma letteratura mitologica. Personaggi come Sri Krishna, Rama e Buddha sarebbero figure partorite dalla fervida immaginazione di Vyasa o di chissà quale altro saggio. Il Maha-bharata, invece di raccontare una guerra civile di proporzioni globali in cui tutti i re principali dell’India avevano partecipato (come viene descritto nell’epica stessa), verrebbe ad essere classificato come una scaramuccia tra giovani principi, più tardi esagerata da poeti entusiasti.
Le basi stesse e la ragion d’essere dell’intera civiltà Hindu vengono minate alle fondamenta. Chi avrebbe più voglia di seguire una cultura o una religione che si basi su testi mitologici e su poeti con manie di grandezza? L’intera tradizione Hindu e quasi tutto il suo vasto e ricco retaggio viene a perdere di valore.
Questa teoria, proposta da pseudo-studiosi asserviti al potere politico, propone che non c’è nulla di che andare fieri nella cultura indiana, nei suoi antenati e nei suoi saggi.
Purtroppo in questa trappola ingannevole è caduta la maggior parte degli Hindu, alcuni dei quali giungono persino a vergognarsi della loro storia, la quale non è costituita di rivelazioni divine ma sono opera di nomadi sanguinari e persino stranieri.
In conclusione, la teoria dell’invasione Aryana è la costruzione di alcuni storici europei per provare la supremazia della cristianità e della civiltà occidentale, per dividere gli Hindu a scopi di conquista e di sfruttamento.
Opinioni: S. R. Rao
Times of India, 5 giugno 1993, intervista rilasciata a Puna.
“Gli scavi archeologici di Lothal (nel Gujarat), di Kalibangan (in Rajasthan), di Harappa e di Mohenjodaro nel Sindh, hanno provato che la teoria degli archeologi europei di una invasione Aryana delle civiltà di Harappa e di Mohenjodaro è falsa…”
“Mentre scavavano a Mohenjodaro, due ricercatori hanno scoperto un sistema di altari sacrificali di tipo Aryano… La similarità e la simmetria indicano una forte somiglianza con la cultura Aryana, se non addirittura la medesima cultura e ora la sola questione che gli scettici possono sollevare è che, forse, gli Harappa erano della medesima cultura ma di razza differente…”
“Gli Europei, basandosi sulla loro teoria dell’invasione Aryana, hanno pensato che i geroglifici dissotterrati ad Harappa e a Lothal fossero simboli di animali. Ora è provato che si tratta di uno scritto di 64 segni, ridotti a 24 lettere alfabetiche. La riduzione di segni animali in alfabeti è stato un dono che gli Aryani hanno fatto al mondo, che nei millenni seguenti è stato adottato dalle civiltà semitiche.”
“L’iscrizione di sette lettere sulle anfore di terracotta che abbiamo decifrato dice mahakutchshahapa (che significa “Signore e protettore dei grandi mari”.”
“Le nostre ricerche sulla città sommersa di Dvaraka hanno provveduto a mostrare l’esistenza di ancore di ferro di forma triangolare e quadrangolare e banchise per assicurare barche e navi. Questo prova una volta per tutte che a Dvaraka esisteva un fiorente commercio con la Siria e Cipro.”
Opinioni: Swami Vivekananda
“Gli archeologi ci sognano come aborigeni dagli occhi scuri e gli Aryani sono gente dalla pelle chiara venuti da – Dio solo sa da dove. Secondo alcuni dal Tibet Centrale, altri ci fanno arrivare dall’Asia Centrale. Pensate che alcuni entusiasti patrioti Inglesi pensano che gli Aryani avevano i capelli rossi. Altri invece credono che avessero tutti i capelli neri. I capelli degli Aryani variano secondo i capelli dello studioso. Ultimamente c’è stato un tentativo di provare che gli Aryani provenivano dai laghi svizzeri. Non mi dispiacerebbe vedere tutte queste teorie affogate in quei laghi insieme ai loro inventori. Qualcuno dice che provenivano dal Polo Nord. Il Signore benedica gli Aryani e le loro abitazioni! La verità è che non esiste nulla nelle nostre scritture, neanche una sola parola, che provi che gli Aryani venissero da qualche altra parte se non dall’India stessa…”
“La teoria che la casta Shudra (i Dravidici) non fossero Aryani… è sia illogica che irrazionale. In quei giorni non sarebbe stato possibile che pochi Aryani si stabilissero e vivessero con qualche centinaia di migliaia di schiavi al loro comando. Gli schiavi se li sarebbero mangiati, avrebbero fatto di loro del chutney in cinque minuti. La sola spiegazione possibile viene data dal Maha-bharata, dove si dice che all’inizio del Satya Yuga c’era una sola casta, quella dei Brahmin, e che sulle basi di differenti occupazioni si sono poi divisi in differenti caste. Questa è la sola spiegazione razionale che può essere data. E nella prossima Satya Yuga tutte le altre caste torneranno alla stessa condizione .”
Opinioni: David Frawley
“Ulteriori scavi hanno rivelato che la cultura della valle dell’Indo non fu distrutta da un’invasione, ma da cause interne, probabilmente da inondazioni. Recentemente altre antiche città sono state ritrovate (come Dvaraka, scoperte da S.R. Rao dall’Istituto Nazionale di Oceanografia dell’India) che fungono da intermediari tra la cultura Hindu e quella successiva del periodo delle invasioni greche. Questo elimina la cosiddetta “era buia” che ha seguito l’invasione Aryana e mostra una costante urbanizzazione dell’India che ci riporta fino agli inizi della cultura Hindu.”
“Lo Shivaismo ha la stessa base culturale delle altre religioni, cioè i Veda…”
“Secondo la Teoria dell’invasione Aryana, questi erano nomadi che non avevano mai avuto nulla a che fare col mare. Eppure il Rig Veda contiene quasi cento citazioni riguardanti l’oceano (samudra) e una dozzina riguardanti le navi e i fiumi che giungono al mare. Gli antenati Vedici come Manu, Turvasha, Yadu e Bhujyu sono personaggi salvati dalla furia degli oceani. Il dio del mare, Varuna, è il padre di molti saggi Vedici e l’iniziatore di molte famiglie di Rishi, come Vasishta, Agastya e Bhrigu. Allo scopo di proteggere la loro teoria, questi dicono che il termine Vedico e Sanscrito samudra originalmente non significava oceano, ma qualsiasi vasto corpo d’acqua, in modo particolare il fiume Indo nel Punjab. Questo è un chiaro esempio di deliberata alterazione. Nel Rig Veda, il Sarasvati “si tuffa nel samudra” e nell’indice alla traduzione del Rig Veda fatta da Griffith (che era fra quelli che sostenevano questa tesi) troviamo la parola samudra tradotta da lui stesso con “oceano” o “mare”. Se samudra non significava mare, perché lo ha tradotto in quel modo? E’ evidente che gli Aryani vivevano in regioni dove c’era il mare.”
“Un altro professore, Colin Renfrew, pone gli Indo-Europei in Grecia nel 6000 AC… Questi dice che, nonostante gli sforzi di Wheeler, è difficile vedere cosa ci sia di particolarmente non-Aryano nella civiltà della valle dell’Indo. Il prof. Renfrew suggerisce che la civiltà della valle dell’Indo, era di fatto, sempre stata Indo-Aryana…”
“L’ipotesi che gli antichi linguaggi Indo-Europei fossero parlati nel nord dell’India, nel Pakistan e in Iran nel VI millennio AC ha il merito di armonizzarsi con la teoria delle origini dei linguaggi Indoeuropei in Europa. Enfatizza inoltre la continuità nella valle dell’Indo e nelle aree adiacenti dal primo neolitico fino alla fioritura della civiltà della valle dell’Indo.”
Opinioni: Bhagwan Gidwani
Segue un’intervista rilasciata da Bhagwan Gidwani della Tipu Sultan, la celebre serie TV, rilasciata al Times of India il 19 Novembre 1995 riguardante il suo ultimo libro, intitolato “The Return of Aryans”.
… Il suo ultimo lavoro, The Return of the Aryans (Il Ritorno degli Aryani) è una novella storica che diventerà presto una serial TV. Lì viene dichiarato che gli Aryani non vennero a civilizzare l’antica India dall’Asia del Nord, come viene fatto credere dagli storici e dagli archeologi; piuttosto vennero dal Sind, sulle rive del fiume Indo e civilizzarono il resto del mondo. Questo racconto (contenuto in un libro di 944 pagine) ha preso 18 anni per giungere a termine.
Estratti dall’intervista:
Domanda: Perché c’è voluto tanto tempo per terminare questa novella sugli Aryani?
Risposta: Anche se il titolo è Il Ritorno degli Aryani, il libro tratta delle antiche e dimenticate radici dell’Induismo. Noterà, infatti, che la storia degli Aryani inizia solo a pagina 697 del mio racconto.
Domanda: Perché, allora, il titolo non lo dice?
Risposta: Perché una novella con un titolo che contiene le parole Hindu o Hinduismo non ha mercato, certamente non un mercato internazionale. Negli ultimi 40 anni, l’Induismo è diventato origine di imbarazzo per gli stessi indiani. Molti scrittori e sceneggiatori hanno fatto carriera denigrando l’Hinduismo e la cultura tradizionale indiana; la stampa ha dipinto l’India Hindu come una presenza oscurantista, castista e quant’altro di peggio si possa dire; i politici hanno strumentalizzato e volgarizzato l’Hinduismo per fini elettorali. Questo non sarebbe stato un grande problema se la nostra fosse un cultura minore, cosa che non è. Io credo invece che questa contenga il miglior corpo di idee che l’umanità abbia mai prodotto… il mio scopo è restituire l’orgoglio di essere Hindu tra tutti gli indiani. E questo non può essere fatto senza riproporre la sua vera storia, che è praticamente sconosciuta anche alla mia generazione, che dire dei nostri figli e nipoti.
Domanda: In tutto questo cosa c’entrano gli Aryani?
Risposta: Prima di diventare Aryani, quelli erano Hindu. Io so che queste mie affermazioni scandalizzeranno gli storici, specialmente perché provengono da un intruso come me (in quanto non sono uno storico). Mi sono sempre chiesto perché – specialmente tra gli storici indiani – tutti avessero accettato la teoria occidentale che gli Aryani fossero discesi dall’Asia del Nord. Io ho letto quasi 150 tra i più importanti libri che affrontano l’argomento, ma nessuno è stato in grado di fornire una sola prova convincente che gli Aryani venissero dal Nord – solo supposizioni. Coscienti di questa mancanza, quegli storici e archeologi citano le similarità esistenti fra il Sanscrito e il Latino o i nomi di fiumi e montagne europee che possono trovare corrispondenze nella nostra letteratura. Ma queste coincidenze potrebbero essere girate dall’altra parte, e cioè che siano stati gli Aryani ad andare in quei posti a proporre la loro cultura, e non viceversa. Perché no? Io chiedo, perché no? Guardando all’India di oggi e ancor più all’India di ieri, quando era una colonia dei Britannici, sono convinto che gli Occidentali non riusciranno mai a sopportare l’idea che l’India possa aver contribuito alla loro civilizzazione. I nostri storici dovrebbero prendere seriamente le tesi che ho esposto nel mio libro. Forse non saranno d’accordo con ciò che dico, ma il dibattito sarà costruttivo. Se non altro litigheremo per qualcosa di importante.
Conclusione
Da questo breve studio emergono le seguenti verità:
• Che l’invasione Aryana e la teoria delle diverse razze e di un conflitto Aryano-Dravidico sono una fabbricazione di alcuni studiosi europei del XIX secolo, in quanto non ha basi di alcun tipo. Questa viene usata persino oggi per ragioni politiche.
• Che gli inni del Rig Veda sono stati composti e completati prima del 3700 AC.
• Che il linguaggio degli scritti Hindu è di origine Sanscrita, il linguaggio dei Veda.
• Che l’antica civiltà della valle dell’Indo era di natura Vedica.
• Che alcune delle civiltà Medio-Orientali hanno una matrice fortemente Vedica, per quanto degenerata, come è evidenziato dai ritrovamenti archeologici e da analisi linguistiche.
• Che ci sono solide possibilità che la fine della civiltà della valle dell’Indo e del Sarasvati sia dovuta a disastri naturali, come il prosciugamento del fiume Sarasvati, che ha causato massicce emigrazioni verso aree più sicure.
Bibliografia
• The Aryan Invasion Theory and Indian Nationalism (1993) di Shrikant G. Talageri (Voice of India)
• The Astronomical Code of India (1992) di Subhash Kak
• Vedic Aryans and the Origins of Civilization (1995) di N.S. Rajaram e David Frawley (World Heritage Press)
• Aryan Invasion of India: The Myth and the Truth By N.S. Rajaram (Voice of India Publication)
• Indigenous indians: Agastya to Ambedkar (1993) di Koenraad Elst
• New Light on The Aryan Problem: Manthan Oct. 1994
• Journal of Deendayal Research Institute
Dawn and Development of the Indus Civilization (1991) di S.R. Rao (Aditya Prakashan)
• Gods, Sages and Kings: Vedic Secrets of Ancient Civilization di David Frawley
• Demise of the Aryan Invasion Theory di Dr. Dinesh Agrawal
Altre:
• Atharva-Veda IX.5.4.
• Rig Veda II.20.8 & IV.27.1.
• Rig Veda VII.3.7; VII.15.14; VI.48.8; I.166.8; I.189.2; VII.95.1.
• Lothal and the Indus Valley Civilization, di S.R, Rao, Asia Publishing House, Bombay, India, 1973, p. 37, 140 & 141.
• Ibid, p. 158.
• Manu Samhita II.17-18.
• Note Rig Veda II.41.16; VI.61.8-13; I.3.12.
• Rig Veda VII.95.2.
• Studies from the post-graduate Research Institute of Deccan College, Pune, e il Central Arid Zone Research Institute (CAZRI), Jodhapur. Confermato dal MSS (multi-spectral scanner) e dalle fotografie prese dal Satellite Landsat.
• MLBD Newsletter (Delhi, India: Motilal Banarasidass), Nov. 1989. Anche Sriram.
• Bharatiya Historiography, Itihasa Sankalana Samiti, Hyderabad, India, 1989, di Sathe, pp. 11-13.
• Vedanga Jyotisha of Lagadha, Indian National Science Academy, Delhi, India, 1985, pp 12-13.
• Aitareya Brahmana, VIII.21-23
• Shatapat Brahmana, XIII.5.4.
• The Hymns of the Rig Veda di R. Griffith, Motilal Banarsidas, Delhi, 1976.
• The Indo-Aryan invasions: Cultural Myth and Archeological Reality, J. Shaffer ediz. J. Lukas(Ed)
• The people of South Asia, New York, 1984, p. 85.
• The Proto-Indoaryans di T. Burrow, Journal of Royal Asiatic Society, No. 2, 1973, pp. 123-140.
• The Script of Harappa and Mohenjodaro and its connection with other scripts di G. R. Hunter, Kegan Paul, Trench, Trubner & Co., London, 1934.
• Studies in the Indus Valley Inscriptions, Mitchiner, Oxford & IBH, Delhi, India, 1978.
• A Frequency Analysis of the Indus Script, Cryptologia, July 1988, Vol XII, No 3
• Indus Writing, The Mankind Quarterly, Vol 30, No 1 & 2, Autunno-Inverno 1989
• On the Decipherment of the Indus Script – A Preliminary Study of its connection with Brahmi, Indian Journal of History of Science, 22(1):51-62 (1987).
• The Antecedents of Civilization in the Indus Valley di J.F. Jarrige and R.H. Meadow, Scientific American, Agosto 1980.
• Archeology and Language di C. Renfrew, Cambridge University Press, New York, 1987.
Sull’autore
Nato in Italia nel 1955, Manonatha Dasa e’ uno studioso e praticante delle discipline del Bhakti-yoga. E’ stato iniziato a queste pratiche nel 1974 dal grande maestro spirituale Sri A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada.
E’ uno dei maestri spirituali iniziatori dell’Iskcon, il Movimento fondato dal suo Guru.
E’ autore di vari libri e numerosi articoli in tre lingue.
La Libreria Kadacha Editions
store.isvara.org
La Biblioteca di Isvara.org
www.isvara.org
Post view 325 times
Leave a Reply