La Filosofia del Bhakti Yoga – Bhakti (il metodo di realizzazione spirituale) – parte 3

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D: Certamente non si deve accettare uno qualunque come guida. E’ importante trovare il maestro degno di fede. Ma da cosa distinguiamo il vero dal falso?

R: La prima caratteristica che dobbiamo notare è che appartenga a una “parampara”, una catena ininterrotta di maestro e discepolo.

“Nessuno può essere un maestro spirituale autentico se non segue il principio della successione disciplica. Il Signore è il maestro spirituale originale…”
Bhagavad-gita 4.34, commento

Ciò significa che il maestro spirituale deve aver avuto un guru autentico, il quale a sua volta deve averne avuto un altro; questa è la parampara, o catena disciplica. Ma non è sufficiente appartenere a una parampara, perché ne esistono alcune che non sono riconosciute dai Veda. Ora solo quattro sono le sampradaya, o tradizioni spirituali, riconosciute e il maestro “bona fide” non può che appartenere a una ramificazione di queste. In caso contrario non lo si può accettare. Queste quattro sono: la Brahma-sampradaya, la Sri-sampradaya, la Rudra-sampradaya e la Kumara-sampradaya.
Srimad-Bhagavatam 1.18.21

Ma naturalmente neanche questo è indice di garanzia assoluta. Indispensabili sono determinate qualità. Quali sono?

Prima di tutto il devoto deve essere puro, cioè mostrare completo distacco dalle attrazioni materiali. Deve avere piena conoscenza delle scritture e saperle presentare nella maniera appropriata. Deve inoltre aver raggiunto una realizzazione spirituale piena.

“Ascoltando regolarmente il Bhagavatam e rendendo servizio al puro devoto, tutto ciò che c’è di indesiderabile nel cuore viene praticamente distrutto, e il servizio d’amore al glorioso Signore, che è venerato con canzoni trascendentali, viene stabilito come un fatto irrevocabile.”
Srimad-Bhagavatam 1.2.18

“… In quel momento il servizio d’amore si stabilisce nel cuore, i modi della passione (rajas) e dell’ignoranza (tamas), la lussuria e il desiderio (kama) scompaiono dal cuore. Dunque il devoto si stabilisce nella virtù e diviene felice.”
Srimad-Bhagavatam 1.2.19

“Stabilito nel modo della virtù, l’uomo ringiovanito dal servizio d’amore al Signore guadagna la liberazione (mukti) dall’associazione materiale e arriva alla conoscenza perfetta della Personalità di Dio.”
Srimad-Bhagavatam 1.2.20

“Così i rancori del cuore e tutte le altre contaminazioni sono tagliati in pezzi. Quando uno vede il sé come il proprio dominatore, la catena delle azioni fruttuose (karma) termina (per sempre).”
Srimad-Bhagavatam 1.2.21

Il puro devoto ascolta costantemente la Srimad-Bhagavatam, che contiene informazioni sulle attività e sulle caratteristiche personali di Krishna. Anche grazie a questa pratica, tutto ciò che è contrario alla spiritualità viene bruciato e la materia non ha più spazio nel suo cuore. Egli, dunque, si libera completamente dalla prigionia della materia.

E’ necessario che il maestro spirituale sia un puro devoto; se egli stesso non è libero, come può liberare gli altri?

Bhajana-kriya, l’iniziazione
D: E dopo sadhu-sanga?

R: Dopo c’è il momento importante di bhajana-kriya, l’iniziazione.

“Nello stadio successivo si viene iniziati da un maestro spirituale avanzato, sotto la cui direzione i neofiti iniziano il processo del servizio devozionale.”
Bhagavad-gita 4.10, commento

Quando il novizio è rimasto per un certo periodo di tempo in compagnia degli altri compagni di viaggio e ha osservato le istruzioni del guru, è degno di essere iniziato. Naturalmente abbiamo già chiarito che non solo il guru deve essere sicuro della genuinità del discepolo, ma anche viceversa. Allorché ogni cosa è stata verificata, può essere celebrata la cerimonia del riconoscimento ufficiale, durante la quale il maestro dichiara di assumersi la responsabilità di guidare il discepolo sulla difficile strada del servizio devozionale. A sua volta il discepolo promette di seguire le istruzioni che il maestro gli impartirà.

Ma nella tradizione Vaisnava non sempre questo importante momento è consistito in una cerimonia formale. Nel momento in cui il rapporto maestro-discepolo si stringe, l’iniziazione è già automaticamente avvenuta.

D: Quali sono le cose principali che il guru chiede al discepolo?

R: Variano a seconda delle diverse tradizioni filosofiche, ma fondamentalmente le richieste vertono su quelli che vengono chiamati i principi regolatori. Per esempio, Srila Prabhupada chiede ai suoi discepoli di seguirne quattro. Ma di questo abbiamo già parlato. In più chiede di recitare il mantra Hare Krishna sedici volte il giro completo della mala, di studiare le scritture con costanza e serietà, e di aiutarlo nella missione di diffusione della coscienza di Krishna nel mondo.
Nonostante i maestri che seguono altre linee discipliche (o anche quelli che fanno parte della stessa linea) chiedano cose diverse, tutti si ritrovano d’accordo sui principi che Prabhupada ha chiesto di rispettare.

D: Specifichiamo meglio le ragioni per cui mangiare carne, uova o pesce è proibito.

R: Secondo la Sri Isopanisad tutto appartiene a Dio, per cui quando si utilizza qualcosa lo si deve sempre offrire prima a Lui, riconoscendo il Suo supremo diritto di proprietà. Si deve dunque prendere solo ciò che è permesso e non altro.

“Qualsiasi cosa tu faccia, qualsiasi cosa tu mangi, qualsiasi cosa tu offra o abbandoni, e qualsiasi austerità tu compia – fai tutto come se la offrissi a Me.”
Bhagavad-gita 9.27

Il principio è chiaro: si deve mangiare solo cibo offerto a Krishna, perché quel cibo è Suo. E giacché Egli non accetta carne, pesce o uova, essendo tali cibi impuri e scaturiti da violenza, la loro consumazione è proibita. I cibi leciti si trovano nelle classi delle foglie, dei fiori, dei frutti o dei liquidi:
Bhagavad-gita 9.26
dunque vegetali, cereali, legumi, latticini e frutta. Nessun uomo veramente civile mangerà il sangue e le carni degli animali trucidati nei mattatoi.

D: Perché non si deve bere alcool o fumare?

R: Le droghe, le sigarette, il caffè, il the, e tutte le altre sostanze stimolanti o eccitanti sono proibite per la medesima ragione. In più è facile notare come queste confondano la mente e impediscano di essere lucidi e sereni nell’esecuzione delle pratiche devozionali.

D: Cosa s’intende per sesso illecito, e perché viene proibito?

R: Il sesso illecito indica i rapporti fisici concepiti al di fuori dell’istituzione del matrimonio e dell’intenzione di procreare. Il piacere sessuale condiziona e lega a questo mondo perché dà l’idea falsa che, in fin dei conti, su questa Terra qualcosa di piacevole ci sia. L’attrazione sessuale è probabilmente uno dei problemi maggiori da superare, specialmente negli anni della gioventù. E’ possibile vincere questo nemico della serenità solo se si riesce a provare un gusto superiore di vita: altrimenti, come afferma la Bhagavad-gita, ogni tentativo risulterà vano.
Cap.2 versetto 59

D: E il gioco d’azzardo?

R: Il gioco d’azzardo risente dell’influenza della passione e dell’ignoranza; in tale ansia di competizione, ogni tranquillità svanisce e non è più possibile meditare. Il Vaisnava rifugge da tali stati mentali e cerca sempre situazioni in cui la serena riflessione gli viene facilitata.

D: E quali altre cose il guru chiede al discepolo?

R: Abbiamo già parlato della japa. Generalmente il minimo richiesto dal maestro spirituale è cantare sedici volte il giro della mala, che è composta di 108 grani.

Importante è anche lo studio delle scritture, cosa che va fatta con cura e costanza. Inoltre c’è la cosiddetta “predica”, che consiste nell’informare tutti dell’importanza di utilizzare la vita umana per coltivare la coscienza di Krishna. Di solito i maestri Vaisnava chiedono ai discepoli di aiutarli ad offrire agli altri lo stesso beneficio che loro stessi hanno appena ricevuto.

D: Spendiamo qualche altra parola sull’iniziazione. Perché è così importante?

R: Il nome stesso, iniziazione, si spiega da sé. Da quel momento il discepolo inizia una nuova vita: il guru lo ripulisce, lo purifica, “prendendo su di sé” il karma del discepolo, le reazioni dei suoi peccati che avrebbe dovuto pagare se non fosse stato così fortunato da trovare un autentico rappresentante di Dio. Così rinnovato si presenta di fronte alla vita.

Durante la cerimonia gli viene cambiato anche il nome, un appellativo che generalmente appartiene a Krishna: può essere uno dei Suoi nomi, delle Sue qualità, delle Sue attività trascendentali, o anche il nome di qualche grande devoto. Da quel momento per lui inizia davvero una nuova vita.

D: Abbiamo detto che al momento dell’iniziazione il discepolo promette di non contravvenire più alle regole che governano il campo della spiritualità; cosa succede se invece ricade nel peccato?

R: Situazioni del genere non rendono di certo felice il maestro spirituale, che ama i discepoli con lo stesso sentimento di un amorevole padre di famiglia.

Sicuramente tenta ancora con saggi consigli e il buon esempio di recuperare il figlio disperso. Nel caso di una caduta occasionale, tutto si conclude nel giro di poco tempo con il ripristino del precedente standard spirituale. Altrimenti il guru attende con pazienza e misericordia anche oltre questa stessa vita.

Però mai lo tratta con disprezzo, persino se questi dovesse diventare demoniaco. Ogni punizione, anche dura, che il guru può impartire al discepolo alla fine si risolve solo in un suo ultimo beneficio, proprio come il padre che punisce il figlio allo scopo di insegnargli a evitare i pericoli della vita.
Vedi la storia di Caitanya Mahaprabhu e Chota Haridas, Caitanya-Caritamrta, Antya-lila cap. 2

D: Può accadere che invece del discepolo sia il guru a cadere? e in questo caso cosa succede?

R: In genere il puro devoto non cade mai, in quanto (per definizione) è puro ed è quindi sotto la protezione della daivi-prakrti, l’energia divina. Però è accaduto che guru ufficialmente accettati da istituzioni spirituali autentiche abbiano avuto difficoltà nella loro vita devozionale.

C’è da dire che nonostante sia chiaro che il maestro spirituale deve essere un puro devoto, può talvolta succedere che persone non completamente qualificate vengano incaricate di assolvere questo delicato compito. Tale “elezione” impropria può essere addebitata o a un errore umano (come ad esempio, i rappresentanti di una organizzazione religiosa, avendo perso il proprio maestro, eleggono dei successori indegni), oppure a qualche piano divino a noi sconosciuto. Dopo un certo periodo di tempo questo guru può incontrare difficoltà a continuare il suo compito.

A questo punto come si devono comportare i suoi discepoli, che sono abituati a considerare la propria guida come un’anima liberata e si trovano invece di fronte a un’amara e poco fortunata realtà?

Prima di tutto bisognerebbe vedere come e perché il guru è “caduto” in azioni materialistiche. Ci possono essere tanti modi e ragioni. Uno dei motivi è il peso eccessivo del karma dei discepoli. Prendere il karma degli altri su di sé non è un gioco. La cosa può avere effetti negativi sia sulla vita spirituale che su quella fisica. Per questa ragione Caitanya Mahaprabhu consigliava di non accettare molti discepoli: è meglio averne pochi e prendersene cura con scrupolosità che tanti sconosciuti di cui si ricordano appena i nomi.

Un’altra ragione di “caduta” può essere individuata nel fatto che egli stesso, non essendo ancora puro, senta dentro di sé il disturbo di desideri insoddisfatti che rovinano la felicità della sua vita spirituale. In questo caso Maya ha buon gioco a sopprimere la tenera pianticina della devozione.

Le ragioni, comunque, possono essere tante. Ma qualsiasi esse siano, a meno che il maestro non diventi demoniaco e rinneghi tutto al punto da insultare il proprio guru e Dio, il discepolo non deve mostrarsi ingrato e capriccioso come un bambino, ma prendere l’accaduto come un’opportunità offertagli per ricambiare la misericordia ricevuta: per una volta sarà lui a prestare aiuto. Il discepolo, dunque, deve attendere che il guru torni in sé. Naturalmente stiamo parlando di situazioni alquanto anomale e imbarazzanti. Infatti il guru deve necessariamente essere un puro devoto e mai cadere dal piano della trascendenza. Se il guru non è tale, deve in tutti i modi cercare di evitare di accettare tale importante ministero. Se invece non può farne a meno, deve svolgerlo con tutte le cautele possibili.

D: Nel caso che il maestro cada, la cerimonia di iniziazione (diksa) deve essere ripetuta e il discepolo accettare un nuovo guru?

R: E’ una questione alquanto controversa e discussa. Ci sono due idee che si contrastano. Andiamo a vedere le differenti tesi.

“Se il maestro non riesce a continuare la sua missione spirituale per un momento di debolezze, il discepolo fedele deve aspettare il suo ritorno. Ma quando egli diventa demoniaco e rinnega la parampara, offendendo e bestemmiando guru e Krishna, allora il discepolo lo ripudi e ricominci il cammino con un altro maestro spirituale che sappia mantenerlo sulla retta via. Ciò è importante anche per evitare quel senso di solitudine e anarchia che potrebbe sopraggiungere in uno studente privo di punti di riferimento. In questo senso la reiniziazione è necessaria.”

Altri invece affermano:

“Se il guru cade o diventa persino demoniaco, diksa (la cerimonia ufficiale di entrata nella parampara) è stata comunque celebrata, e in un momento in cui il maestro era in linea con gli insegnamenti di Krishna. Per questo lo studente non ha bisogno di una nuova cerimonia, ma di siksa, cioè di uno o anche più maestri spirituali istruttori che siano in grado di aiutarlo ad andare avanti nel difficile cammino della realizzazione spirituale.”

Questi sono i due punti di vista. Ognuno valuti come crede. Certo che la ripetizione del diksa appare storicamente poco praticata. Infatti se l’iniziazione era valida al momento della celebrazione, che necessità c’è di ripeterla? La storia di Srila Madhvacarya può essere istruttiva a questo riguardo. Quando si accorge che il suo guru non accetta le conclusioni naturali dei Veda, che travisa i versi del Vedanta-sutra e giunge addirittura a conclusioni mayavadi, questi lo rigetta e in seguito accetta Vyasa come propria guida spirituale. Non è detto da nessuna parte che Madhva avesse richiesto la ripetizione della cerimonia del fuoco (necessaria per l’iniziazione formale) o che Vyasa l’avesse celebrata. E’ solo precisato che Madhva cominciò a seguire le istruzioni di Vyasa.
Vedi Caitanya Caritamrta, Madhya-lila 9.245, commento di Bhaktivedanta Svami Prabhupada

Un chiaro caso di siksa; venendo a mancare la fiducia nel proprio maestro spirituale, Madhva accetta le istruzioni e la guida di un altro.

Inoltre si deve anche aggiungere che l’aspetto siksa (le istruzioni) è molto più rilevante di quello diksa (l’iniziazione formale). Per questa ragione è meglio concentrarsi nel capire la filosofia piuttosto che cercare qualcuno che celebri una cerimonia del fuoco. Con ciò non si vuole dire che la cerimonia dell’iniziazione sia inutile, al contrario è un momento di grande importanza, ma solo che la comprensione delle cose è più importante.

Anartha-nivrtti, la liberazione dalle cose indesiderate
D: Andiamo oltre bhajana-kriya; qual è il momento successivo?

R: E’ chiamato anartha-nivrtti, stadio di pulizia o d’eliminazione degli elementi materiali contenuti nel cuore. Al proposito di anartha-nivrtti, Srila Prabhupada dice nella Bhagavad-gita:

“Eseguendo il servizio devozionale sotto la guida di un maestro spirituale, ci si libera da ogni attaccamento materiale…”

In altre parole, se si riesce a essere costanti, a non abbandonare mai la compagnia delle persone sante, a seguire il loro illuminante esempio, ne consegue la distruzione di ogni sorta di attrazioni alle situazioni del mondo. Ciò accade perché si comincia a gustare, a provar piacere nello svolgimento delle attività spirituali. All’inizio la pratica della bhakti può sembrare semplice, ma ciò è solo causato dall’euforia del primo momento. Si presenteranno, al contrario, difficoltà di diverso genere. Tuttavia quando si persevera a dispetto dei problemi e delle sensazioni di sfiducia e tristezza che potranno sopraggiungere, ci si accorge che la purificazione sta realmente prendendo piede e che le impurità caratteriali stanno via via scomparendo. Questo stadio si chiama appunto anartha-nivrtti.

D: Prima abbiamo parlato di piacere nello svolgimento del servizio devozionale a Krishna; ma ciò non dovrebbe implicare uno stato di liberazione già avvenuta?

R: Non c’è solo il bianco e il nero: esistono delle gradualità. Allo stadio di anartha-nivrtti la possibilità di cadere, cioè di tornare a essere ancora sedotti dall’illusione materialistica esiste ancora, in quanto la realizzazione non è completa. Ma i sintomi che il processo sta avendo il suo effetto sono visibili: allo stato di anartha-nivrtti il praticante comincia a sentirsi libero e distaccato dalle spire lusinghiere di Maya.

D: Ci sono diversi tipi di anartha, o cose che sarebbe meglio evitare?

R: Secondo Visvanatha Cakravarti Thakura ci sono quattro tipi di anartha, ma tutti possono essere purificati dal costante impegno nella bhakti, in special modo dal canto del mantra Hare Krishna.

Nistha, la stabilità
D: Poi c’è nistha; in cosa consiste?

R: Sempre nella Bhagavad-gita, Prabhupada dice che nistha è il momento in cui “si raggiunge la stabilità nella realizzazione del sé…”. Che all’inizio il praticante possa non essere molto stabile e periodicamente corra il rischio di imbattersi in momenti di confusione o addirittura di caduta, rientra nella normalità; ma quando queste debolezze scompaiono e il devoto diventa stabilmente felice, sopraggiunge l’auspicioso stato di coscienza chiamato nistha.

“Il Signore Krishna, che è presente nel cuore di tutti ed è molto affezionato ai Suoi devoti, rimuove il desiderio per il godimento dei sensi indipendente dal cuore del bhakta, che gioisce dell’ascolto del Suo messaggio. Questo ascolto è eccezionalmente benefico quando è fatto nel modo giusto.”
Srimad-Bhagavatam 1.2.17

Nistha si raggiunge proprio in virtù di una pratica costante dell’ascolto e della ripetizione del nome, delle attività e caratteristiche di Dio. A quel punto si cominciano a sentire le prime avvisaglie delle gioiose esperienze spirituali, in contemporanea con una graduale scomparsa delle aspirazioni illusorie. In questo stato è naturale che si provi entusiasmo a continuare la pratica delle attività devozionali.

Ruci, il gusto
D: Dopo nistha viene ruci; cosa s’intende con questo termine?

R: Visvanatha Cakravarti dice:

“Quando una persona sviluppa piacere per le attività della bhakti (come l’ascolto e il canto), che attrae più di ogni altra cosa, questo stadio è chiamato ruci.”

Srila Prabhupada aggiunge:

“… acquisisce gusto per l’ascolto della Personalità di Dio Assoluta, Sri Krishna.”
Stiamo parlando del momento in cui si inizia a sentire il piacere di essere nuovamente in contatto con la natura spirituale, esperienza che ci riempie di ebbrezza. Questa sensazione non è ancora completa e pura, ma è piena e appagante. Tanta è la bellezza di questa esperienza trascendentale, delle emozioni sconosciute prima di questo momento, che naturalmente vogliamo conoscerle e sperimentarle sempre di più.

Nel suo Madhurya Kadambini, Visvanatha Cakravarti afferma che esistono due tipi di ruci. Il primo dipende dalla qualità del contatto con Krishna (un esempio può essere la felicità provata mentre si ascoltano i discorsi abbelliti da esposizioni letterarie fatte con arte, ecc.), ma questo stadio di ruci risente ancora di tinte materialistiche. Il secondo invece è costituito dal piacere provato senza riguardo alla qualità, diciamo, esteriore del contatto. In altre parole, alla persona che sperimenta questo tipo di ruci non importa se il devoto che canta Hare Krishna sia stonato, o se suoni fuori tempo; a lui importa solo l’ascolto del nome del Signore. Ruci è dunque lo stadio di gioia spirituale in cui la convinzione è rafforzata dall’esperienza diretta.

Asakti, l’attaccamento
D: Parliamo di asakti.

R: Mentre ruci ha per proprio oggetto di adorazione la pratica dell’ascolto e della ripetizione, asakti ha come oggetto direttamente il Signore Supremo in persona.

Asakti significa attaccamento. Quando si prova gusto, è naturale che ci si aggrappi quasi spasmodicamente alla sorgente del piacere. In questo stadio il devoto si lega in modo quasi disperato a Krishna e non prova alcun interesse ad ascoltare o a parlare di qualsiasi altro argomento. L’attrazione per Maya si sta allontanando, il successo è quasi raggiunto.

Bhava, lo stadio preliminare di amore
D: Cosa c’è dopo asakti?

R: Bhava. Bhava viene definito come lo stadio preliminare dell’amore puro per Dio e si raggiunge quando il devoto già stabilito nello stato di coscienza chiamato asakti, compie un ulteriore avanzamento e si ritrova ancor più purificato.

Ora l’attaccamento a Krishna e a tutto ciò che lo riguarda si esibisce in due diversi aspetti, chiamati bhava e rati. Quest’ultimo è il gradino che viene subito dopo bhava: oramai si è giunti a un passo dall’amore supremo per Dio (prema). Tutto ciò è spiegato in modo eccezionalmente chiaro da Srila Prabhupada nel suo “Teachings of Lord Caitanya”.

Ma torniamo a bhava. L’Acarya spiega:

“Questo gusto produce un’attrazione sempre più profonda nei confronti della coscienza di Krishna, che così matura e diventa bhava, o fase preliminare dell’amore per Dio.”

Dunque, ricapitolando brevemente, dopo ruci (gusto per le attività spirituali) c’è asakti (attaccamento spirituale). Quando il gusto per la vita spirituale diviene profondo, sempre più forte e puro, l’esperienza del servizio a Krishna diventa una cosa meravigliosa, di momento in momento più bella, fino a sfociare in bhava, lo “stadio preliminare dell’amore puro per Dio”. In bhava si potrebbe già parlare di successo praticamente ottenuto, tuttavia il sentimento non è ancora giunto alla massima perfezione, non siamo ancora approdati alla meta ultima.

Infatti persino chi ha ottenuto tale stato di grazia corre ancora il rischio di ricadere vittima delle attrazioni mondane. Questo può farci capire quanto sia forte la natura materiale (mama maya duratyaya). La storia di Maharaja Bharata, che troviamo nella Srimad-Bhagavatam (Canto 5 Cap.7), è sufficientemente istruttiva.

Bharata era un devoto avanzato, così tanto che aveva raggiunto proprio lo stadio di bhava. Provava tali e tanti sentimenti estatici d’amore per Krishna che tutti lo credevano un’anima liberata. Eppure accadde che si affezionò a un cerbiatto e per tale ragione mancò di raggiungere la perfezione: si trovò pertanto a rinascere egli stesso in quella forma di vita a cui si era sentito legato. Nella vita successiva divenne Jada Bharata e riprese il cammino dal punto in cui l’aveva interrotto e non ricadde più nello stesso errore.

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