La Filosofia del Bhakti Yoga – Bhagavan (la Suprema Personalità di Dio) – parte 4

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D: Cosa vi rende così sicuri che l’interpretazione personalistica sia quella giusta, e non quella di Sankara, invece?

R: Un’idea sbagliata può essere combattuta solo con un’altra idea. Le teorie di Sankara sono state a più riprese attaccate dai più grandi filosofi Vaisnava, tra cui Madhva, Ramanuja, Nimbarka, Visnusvami, Caitanya e via dicendo, fino a Srila Prabhupada. Certamente questo argomento richiederebbe un libro intero; in questa sede ne analizzeremo brevemente solo alcuni punti salienti.

Vediamo il Vedanta-sutra, da sempre il testo più usato in connessione con questa problematica:

“Brahman è colui dal quale proviene la creazione, il mantenimento e la ricostruzione dell’universo.”
Sutra 1.1.2

Fin dal secondo sloka del Vedanta-sutra si comprende chiaramente che Brahman è distinto dalla jiva. Infatti la jiva non è in grado di creare, di mantenere e distruggere l’universo, cosa che richiede energie immense delle quali è sprovvista.

OS: La jiva non ha queste energie allo stato condizionato, ma allo stato liberato possiede potenze illimitate.

R: Questa opposizione non regge. Un elemento dalle immense energie quale il Brahman non potrebbe mai cadere vittima di una energia che gli sia di molto inferiore, in quanto Egli stesso ne sarebbe il creatore e lei (Maya, l’illusione) l’effetto. Brahman significa “colui nel quale tutti gli attributi arrivano all’infinità”.

Possiamo dunque chiamare la jiva Brahman ora che ne conosciamo il significato?, questa jiva in continua lotta contro i mulini a vento delle sue cupidigie, dei suoi odi e dei suoi amori? Il sutra non si rivolge all’anima individuale, ma al Brahman supremo, il quale è ben distinto da quest’ultima.

Torniamo al primo sutra del Vedanta:

“Questo è il momento di porre domande sulla Verità Assoluta.”
Sutra 1.1.1

Se noi fossimo la Verità Assoluta (Brahman), che bisogno avremmo di domandare di noi? Chi potrebbe conoscerci meglio di noi stessi?

Se uno ha bisogno di porre quesiti su qualcosa, l’ignoranza riguardo al soggetto inquisito è implicita. Così, in accordo ai Vedanta-sutra, non possiamo essere noi la Verità Trascendentale, Brahman. Se lo fossimo stati, non saremmo mai giunti a occupare una posizione tanto miserevole.

In una Upanisad è detto:

“Due amici inseparabile stanno sullo stesso ramo. Uno di loro mangia i frutti dolci, l’altro guarda senza mangiare…”
Sve¬tasvatara Upanisad 4.6.7

E’ un esempio chiaro. Ci sono due entità distinte e con caratteristiche separate: l’una (la jiva) gode dei piaceri della vita, l’altra no, guarda soltanto. Nel verso il sostantivo “uccello” risulta in numero duale: ciò significa che sull’albero ci sono due uccelli, jiva e Parabrahman. Non si dice che vi è uno soltanto, al contrario viene fatta un a distinzione e si afferma che uno dei due “mangia i frutti” dell’illusione materialistica, dimostrandosi con questa azione inferiore.

Queste sono solo alcune delle numerosissime evidenze che sarebbe possibile citare in favore della tesi della dualità spirituale e per provare che il monismo di Sankara non è confermato nelle Upanisad. Esiste un Dio e noi siamo i suoi figli caduti in disgrazia.

Ancora la Svetasvatara Upanisad:

“Quando ci si vede differenti dal Signore, da Lui giunge ogni benedizione e si ottiene l’immortalità.”
Versetto 1.6

Noi siamo differenti dal Signore, differenti nell’individualità. Questo verso lo testimonia; se noi stessi fossimo Dio, di quali benedizioni avremmo bisogno?

L’advaita-vada non regge alla più semplice delle logiche.

D: Nei Veda si trova frequentemente la frase “sarvam khalv idam brahma”, “tutto è Brahman…”. Sembra abbastanza chiaro: sono i Veda stessi che ci propongono questa verità.

R: E’ il solito problema delle interpretazioni sbagliate o quantomeno estranee al contesto generale. Scrivendo quella e altre frasi del genere, Vyasa non intendeva unificare le due identità, poiché avrebbe sortito l’effetto di distruggerle entrambi. Dicendo “tutto è Brahman” intendeva dire che tutto è partecipe della Sua QUALITA’ (tutto cioè era della Sua stessa qualità spirituale) e non di un’unica individualità.

Nella Kausitaki Upanisad c’è una serie di complessi passaggi che si riferiscono a un dialogo fra Indra e il re Pratardana, in cui il deva parla di sé stesso come se fosse l’Essere Supremo. Ma Vyasa è cosciente della confusione che possono causare concetti del genere, per cui nel Vedanta-sutra, il commento filosofico di tutti i Veda, risponde così:

“Se qualcuno obiettasse che nel testo non ci si riferisce a Brahman (ma a una jiva individuale), noi risponderemmo che non è così. Infatti vediamo che i sutra (della Upanisad in questione) menzionano continuamente il Sé Supremo (cosa possibile solo nel caso che il parlatore si stia identificando con Brahman).”
Vedanta-sutra 1.1.29

“L’istruzione data da Indra riguardante se stesso deve essere vista come data in un momento di estasi, come nel caso di Vamadeva.”
Vedanta-sutra 1.1.30

Ora soprassediamo alla spiegazione dei due versi del Vedanta che aprirebbe un campo di discussioni troppo vasto e concentriamoci sul fatto in questione, analizzandolo con parole semplici.

Tutto è Brahman, è vero, ma solo nel senso che siamo parte della stessa natura, e cioè che siamo tutti esseri spirituali. Indra, in preda all’estasi durante la sua glorificazione a Krishna, si identifica in Lui e comincia a parlare come se con la sua bocca parlasse il Signore stesso. Ma ciò che dice a Pratardana non può riferirsi a Indra persona, il quale voleva chiaramente attestare la sua unificazione “qualitativa” con il Signore insieme alla differenziazione “quantitativa”. La prima parte del primo sloka della Srimad-Bhagavatam ci ribadisce il tutto in modo preciso.

“Io offro i miei omaggi al figlio di Vasudeva (Krishna), che è la Suprema Personalità di Dio, avendo in sé il massimo grado di tutte le qualità.”

Occorre sottolineare quanto i Veda insistano sul fatto che Brahman (o Bhagavan, il significato è lo stesso) non siamo noi perchè sprovvisti di tutte le qualità al massimo grado. Dunque, tutto è Brahman, sì, ma noi, (nella nostra individualità) non siamo Brahman.

A difesa di questo fondamentale principio vedico esistono innumerevoli evidenze sastriche.

OS: Però si deve ammettere che il concetto della non-forma calza meglio a quello dell’illimitatezza. Un essere personale deve avere un corpo, una mente, dei desideri… deve necessariamente essere limitato. Ma Dio non deve essere privo di questo difetto? non deve essere illimitato?

R: Invece è il concetto della non-forma che lo limita. Se io vi domandassi ora se il Brahman illimitato può avere una forma, voi rispondereste di no. Ma come può un’entità illimitata essere priva di qualcosa? A maggior ragione di un aspetto della realtà che esiste in modo così rilevante nella nostra esperienza?

Quando voi dite che “Dio non può…” lo limitate in modo significativo e gli togliete una delle caratteristiche più evidenti della realtà. Ditemi solo una cosa nella creazione che sia priva di forma. Persino l’aria acquista la forma dell’involucro che la racchiude…

Ma mentre la non-forma deve necessariamente negare la forma, il concetto della forma non nega il suo opposto, al contrario lo include. Infatti una forma può avere energie impersonali, come vediamo in noi stessi: noi siamo persone che hanno delle energie, quella della parola, ad esempio. Cos’altro è il parlare se non un’energia impersonale? L’individuo può avere un proprio aspetto impersonale, mentre altrettanto non può essere detto per la non persona. Dunque avendo illimitate energie, il Signore è contemporaneamente limitato e illimitato: non limitato nel senso che qualcosa gli è precluso, ma perché può avere una forma fisica come l’abbiamo noi.

D: In definitiva a cosa mirano i monisti?

R: A immergersi nel fulgore divino chiamato Brahmajyoti. Lì ambiscono a distruggere la loro personalità e così credono di avere raggiunto la più alta perfezione dell’esistenza.

Krishna è il nome originale di Dio?
D: Quali sono le evidenze che ci porterebbero ad accettare che il Krishna storico, nato a Mathura cinquemila anni fa, è proprio il Dio Supremo?

R: Le provi scritturali sono numerose. Ne menzioniamo solo qualcuna.

Nella Srimad-Bhagavatam c’è una lista di incarnazioni divine, tra cui quella di Sri Krishna, che risulta essere la ventesima.
Srimad-Bhagavatam 1.3 dal verso 6 al 25
Se andiamo ad analizzare il verso 1.3.23, notiamo che alla parola Krishna è accomunato il termine Bhagavan, che significa appunto la Suprema Personalità di Dio, la più potente fra tutte. Per nessun’altra incarnazione tale termine è stato usato.

Una coincidenza? I testi vedici sono così scientifici e precisi che stentiamo a credere che qualcosa sia stato lasciato al caso, anche perché fino a questo punto una tale eventualità non si è mai verificata. Ma non è tutto. Nella Bhagavad-gita, Srila Prabhupada dice:

“Krishna e la Suprema Personalità di Dio sono la stessa cosa. Questa è la ragione per cui il Signore Krishna, in tutta la Bhagavad-gita, viene chiamato Bhagavan. Bhagavan è l’ultimo stadio della Verità Assoluta.”
Bhagavad-gita 2.2 commento

OS: Ma Bhagavan è un termine generico che si può riferire anche a personaggi molto potenti, a deva particolarmente importanti, come Siva, Brahma o Indra. Non necessariamente deve rapportarsi a un Dio supremo e assoluto.

R: Troviamo la risposta a questa osservazione nello stesso commento di Srila Prabhupada.

“Ci sono molte persone ricche, potenti… ma nessuno può dire di avere tutte le qualità… solo Krishna le possiede al loro massimo grado…”

Più avanti Srila Prabhupada menziona il verso 5.1 della Brahma-samhita:

“Ci sono molte personalità che possiedono le qualità di Bhagavan, però Krishna è il supremo perché nessuno è più grande di Lui. Brahman significa anche il più Grande. Krishna è la Persona Suprema e il Suo corpo è eterno, pieno di conoscenza e felicità. E’ il Signore primordiale Govinda ed è la causa di tutte le cause.”

Si prenda poi il Maha-bharata, la sezione dove Markandeya sostiene di aver visto Sri Krishna (che in quel momento gli stava davanti) durante l’ultima dissoluzione dell’universo materiale, che fluttuava nelle acque della distruzione. Solo in quel momento apprende che Egli non era una delle tante incarnazioni, ma proprio la Suprema Personalità di Dio.

Così i Veda non manifestano alcun dubbio al riguardo: Krishna è la Divinità Originale e Trascendentale, la Verità Assoluta, la sorgente di tutto ciò che esiste.

Le incarnazioni e le loro funzioni
D: Ora vorremmo affrontare l’argomento degli avatara, le incarnazioni di Dio. I Veda ci informano che il Signore si incarna in questo mondo innumerevoli volte. Possiamo parlarne?

R: Le incarnazioni di Sri Krishna sono numerosissime, anzi infinite; proprio come le onde dell’oceano, dice la Srimad-Bhagavatam. Ognuna di loro ha una missione diversa da compiere.

La parola avatara significa “colui che discende” e, come vedremo tra poche righe, ci sono diversi tipi di incarnazione. Gli scopi che Dio si prefigge variano di volta in volta ma fondamentalmente, come è spiegato nella Bhagavad-gita, vuole raggiungere tre obiettivi: proteggere i devoti, sconfiggere i malvagi e riproporre i principi della religione quando sono dimenticati o contaminati dalla speculazione umana.

Dio non si dimentica di noi, non ci abbandona in questo mondo a soffrire per l’eternità. Scende con esatta regolarità, secondo ragioni e modalità ben specificate nelle scritture.

D: Perché fa precedere le Sue discese in questo mondo da una profezia?

D: Per evitare che i demoni confondano la gente, proclamando falsi avatara. Se uno dice di essere Dio sceso sulla Terra deve dimostrare che la sua venuta è stata prevista nelle scritture, quelle autentiche. In questo modo si possono (anzi si sarebbe potuto, visto che gli impostori nel corso della storia sono stati tanti) evitare tanti problemi.

D: Prima è stato detto che ci sono diversi tipi di avatara.

R: Sì. Principalmente sono sei.

1, Purusa-avatara, che si incaricano della creazione, come ad esempio i tre Visnu,
2, Lila-avatara, che svolgono divertimenti trascendentali (vedi Matsya, Kurma, Rama, Nrsimha, e altri),
3, Sakty-avesa-avatara, letteralmente “investiti di potere”. Sono provvisti di un certo tipo di energia che serve loro per assolvere compiti precisi. Si tratta di Brahma, Siva, Vyasa, Parasurama e altri,
4, Guna-avatara, che sono Brahma, Visnu e Siva, con i quali assolve altre specifiche funzioni,
5, Manvantara-avatara, che appaiono ogni periodo di Manu,
6, Yuga-avatara, le incarnazioni previste per ogni yuga, che scendono con scadenze fisse.

Per chi volesse approfondire l’argomento sui sei tipi di avatara, troverà maggiori informazioni nella Srimad-Bhagavatam,
1.3.5, commento
oppure ne “Gli insegnamenti del Signore Caitanya”.
Cap.8

Storia della vita di Krishna
D: Vuoi parlarci brevemente della storia della vita di Krishna?

R: La storia della Sua vita, della Sua nascita e delle Sue attività sono l’argomento principale del libro “Krishna”, una delle opere scritte da Bhaktivedanta Svami Prabhupada, fondatore e maestro spirituale del Movimento per la Coscienza di Krishna. Questo volume è il riassunto in prosa del decimo canto della Srimad-Bhagavatam. Chi desideri, quindi, sapere di più circa la vita terrena di Krishna, è invitato a consultarlo.

Ma vediamo in breve la Sua storia.

Circa cinquemila anni fa nasce a Mathura, nel nord dell’India, in quella che oggi è una delle grandi città dell’Uttara Pradesh. Devaki, la figlia del re di Mathura, Ugrasena, sposa il virtuoso Vasudeva. Devaki ha un fratello malvagio di nome Kamsa; tanto demoniaco è quest’ultimo che arriva a far imprigionare suo padre ed i suoi fidati collaboratori pur di conquistare il potere senza dover attendere la vecchiaia del padre.

Nel giorno del matrimonio della sorella Kamsa ha una premonizione: l’ottavo figlio di Devaki lo avrebbe ucciso. A causa di questo avvenimento in seguito ordinerà di rinchiudere la sorella in prigione insieme al marito, in attesa che venga al mondo il bimbo da eliminare. Ma tale è la paura che invece di aspettare l’ottava nascita, Kamsa fa uccidere tutti i neonati.

Giunta l’ottava gravidanza, Vasudeva tenta di salvare almeno quel loro ultimo figlio e in qualche modo riesce a evadere e ad arrivare nel piccolo villaggio di Gokula, oltre il fiume Yamuna. Lì sostituisce il neonato con la bambina che era appena nata a Yasoda, la moglie del capo dei pastori. Poi torna in carcere.

E’ per questa ragione che Krishna, sebbene per nascita appartenga a una casta reale, vive i suoi primi anni di vita insieme a dei pastori. Pochi conoscono la sua vera identità; neanche Yasoda e suo marito Nanda, che lo credono il loro figlio naturale.

Kamsa invece comprende che il nemico gli è sfuggito, ma non sa dove si cela. Perciò riunisce i suoi amici demoniaci, dotati tutti di poteri magici e affida loro il compito di uccidere ogni bambino partorito durante quel periodo.

Ma Sri Krishna, nonostante fosse nato in questo mondo di limiti, aveva portato con sé tutte le potenze divine; così, non solo riesce a scampare alla strage, ma uccide tutti i demoni uno dopo l’altro. I pastori, assistendo agli strani avvenimenti che accadono nei dintorni del loro villaggio e non riuscendo a capirne le ragioni, decidono che quel posto non è più sicuro per loro e per i loro figli. A quel punto si trasferiscono nella non lontana Vrndavana. Krishna trascorre la sua infanzia in quel luogo bellissimo.

Nei pressi ci sono delle stupende foreste che costeggiano il fiume Yamuna, ove tutti i giorni i pastorelli portano le mandrie a pascolare: la più bella si chiama proprio Vrndavana. E’ un periodo di amori per il giovane Krishna, il quale ama ed è amato dalle gopi, le affascinanti pastorelle del paese. Tra queste una è la preferita, Radharani. Ancora oggi in India il rapporto tra Krishna e le gopi è celebrato come il più puro delle relazioni d’amore spirituale.

Intanto Kamsa non ha dimenticato della minaccia che incombe su di lui: insospettito dal fatto che troppi dei suoi valorosi amici muoiono nei dintorni di Vrndavana, intuisce che il suo nemico mortale vive lì e che deve essere Krishna. Così, durante una festività particolare, lo invita a Mathura col segreto proposito di attentare alla Sua vita. Kamsa non può certo accettare che Sri Krishna è Dio e che nessuno può nulla contro di lui. Infatti è proprio in quel giorno che Kamsa perde la vita per mano di Krishna, proprio come gli era stato profetizzato. Mathura è liberata da un incubo. Ugrasena viene scarcerato e reistallato sul trono.

A questo punto della storia Krishna si è fatto molti amici ma anche molti nemici, i quali tentano di attaccare la città per vendicare la morte di Kamsa. Non volendo arrecare ulteriore disturbo alla pacifica popolazione di Mathura, Egli parte e giunto nell’odierno stato del Gujarat, nell’estremo occidente dell’India, fonda la città di Dvaraka.

Dvaraka è una città ben fortificata e lì Krishna, con le Sue regine e i familiari, trascorre gli anni. Ma non dimentica le gopi, specialmente Radharani; nonostante il Suo grande amore per loro, non torna più a Vrndavana: ha una missione importante da compiere in questo mondo e non può trascurarla.

In quegli anni, Krishna continua a scambiare dolci relazioni spirituali con i Suoi devoti e ad alleviare le sofferenze provocate dai demoni, fino a quando viene coinvolto in una serie di avvenimenti storici che saranno descritti nella grande epica chiamata Maha-bharata.

I Pandava, figli del re defunto Pandu, truffati dal cugino Duryodhana e privati del regno che spetta loro di diritto, sono tra i più grandi devoti di Krishna. Fra loro, uno Gli è particolarmente caro, Arjuna; i due, infatti, sono legati da un profondo sentimento di amicizia. Nel corso dell’evoluzione della storia vediamo che Sri Krishna si schiera apertamente dalla loro parte e ne prende le difese, in quanto i Pandava sono tutti spiritualmente evoluti mentre i cugini, i Kaurava, rivelano una natura demoniaca. Non riuscendo a risolvere la disputa con il dialogo e gli accordi politici, la guerra diventa inevitabile. In questo drammatico frangente, Sri Krishna guida il carro di Arjuna sul campo di battaglia di Kuruksetra, luogo santo di pellegrinaggio.

Prima dell’inizio delle ostilità, Sri Krishna espone ad Arjuna la Bhagavad-gita, il testo principale della filosofia vedica. Ancora oggi quest’opera è ritenuta, non solo dagli indiani ma anche dai maggiori studiosi di tutto il mondo, una straordinaria testimonianza di saggezza spirituale. Grazie ai consigli di Sri Krishna, i Pandava riescono a vincere la battaglia e a riconquistare il trono. Segue un lungo periodo di pace e di felicità per tutti gli abitanti della Terra.

Nel corso della Sua esistenza su questo pianeta Krishna raggiunge gli scopi che si era prefissato: amare e proteggere i devoti, distruggere i malvagi e lasciare un inestimabile tesoro di filosofia trascendentale. Compiuta la missione, decide di tornare nel Suo mondo eterno portando con sé i devoti più intimi.

Qualità trascendentale delle attività del Signore
D: Questa sembra la storia della vita di un comune principe, o di un personaggio dell’India antica. Come può Dio fare cose così comuni e mondane?

R: Anche se possono sembrarlo, le attività del Signore non sono mai mondane ma sempre spirituali, e contengono i più alti valori trascendentali. Non si deve mai commettere l’errore di scambiarLo per una persona comune.

“Gli sciocchi Mi deridono quando discendo nella forma umana. Non conoscono la Mia natura trascendentale di Signore Supremo di tutto ciò che è.”
Bhagavad-gita 9.11

I materialisti, gli atei, i demoni sono sempre pronti a denigrare Dio in qualsiasi momento se ne presenti l’occasione. Anche nella tradizione vedica alcuni hanno tentato di dimostrare che Krishna era una persona come tutte le altre, forse in possesso di eccezionali poteri mistici ma nulla di più. In previsione di ciò, nella Bhagavad-gita Krishna chiama costoro mudha, sciocchi come asini. Essi non conoscono la Sua natura trascendentale (param bhavam). In altre parole, anche quando il Signore assume una forma che all’apparenza può risultare comune, si tratta sempre di una delle manifestazioni delle Sue potenze infinite e mantiene sempre tutte le facoltà. Chi sa questo è fortunato, sostiene la Bhagavad-gita.

“Chi conosce la natura trascendentale della Mia apparizione e delle Mie attività, quando abbandona il corpo materiale non rinascerà in questo mondo materiale, ma raggiungerà la Mia dimora eterna…”
Bhagavad-gita 4.9

Capire questa verità è di fondamentale importanza. Se si pensa che Dio possa cadere in questo mondo e sia costretto dalle leggi della natura ad agire come una persona normale, come noi, insomma, si corre il rischio di diventare materialisti, o peggio ancora mayavadi.

La sventura di subire il fascino di Maya non può mai succedere allo Spirito Supremo, in quanto mantiene sempre un predominio assoluto sulla natura materiale e non può mai esserne vittima.

Infine, per quanto riguarda le azioni di Sri Krishna, il suo modo di agire su questa Terra, è sbagliato anche dire che somigliano ad azioni umane; al contrario sono queste ultime che hanno caratteristiche come quelle divine. Per questa ragione sembrano quasi uguali.

Altre descrizioni
D: Parlateci del Suo aspetto e delle Sue attività più intime.

R: Noi crediamo che la maniera migliore per descrivere Sri Krishna sia lasciar parlare direttamente le anime realizzate, che sicuramente lo sanno fare meglio di chiunque altro.

Brahma dice nella Brahma-samhita:

“Io adoro Govinda, il Signore primordiale, il primo progenitore, colui che si prende cura delle mucche e accontenta ogni desiderio. Egli vive in dimore costruite con gemme spirituali, circondato da milioni di alberi dei desideri, ed è sempre servito con grande riverenza e affetto da centinaia di migliaia di Laksmi e Gopi.”
Brahma-samhita 5.29

“Io adoro Govinda, il Signore primordiale, che suona magnificamente il flauto, con gli occhi dischiusi tanto simili ai petali del loto, con il capo ornato con una piuma di pavone, con la meravigliosa figura del corpo che ha lo stesso colore delle nuvole blu; la Sua avvenenza è così straordinaria che fa innamorare milioni di Cupidi.”
Brahma-samhita 5.30

“Io adoro Govinda, il Signore primordiale; attorno al Suo collo oscilla una ghirlanda di fiori adornata da un fermaglio a forma di luna. Le Sue mani sono rese ancora più belle dal flauto e da altri gioielli; è sempre impegnato in passatempi d’amore e la Sua forma a tre curve (chiamata Syamasundara) è eternamente manifesta.”
Brahma-samhita 5.31

“Io adoro Govinda, il Signore primordiale, la cui forma trascendentale è piena di ogni felicità, verità, sostanzialità e pertanto è ricolma del più accecante splendore. Ciascuna parte della Sua figura trascendentale possiede in sé le piene funzioni di tutti gli organi ed eternamente vede, mantiene e manifesta gli universi infiniti, sia spirituali che materiali.”
Brahma-samhita 5.32

“Io adoro Govinda, il Signore primordiale, che è inaccessibile (a chi segue soltanto i precetti dei) Veda ma raggiungibile (solo) mediante pura devozione dell’anima; che è senza un secondo; che non è soggetto al decadimento del corpo, ed è senza inizio. La Sua forma è senza fine; Egli è l’inizio di tutto ed è l’eterno Purusa; eppure, nonostante ciò, è una persona e possiede la bellezza della piena giovinezza.”
Brahma-samhita 5.33

In qualsiasi momento della sua esistenza, Krishna non mostra mai più di sedici anni, anche quando è sul carro di Arjuna a Kuruksetra; eppure allora aveva più di cento anni. E dalla Brahma-samhita ci arriva la spiegazione teologica: nava yauvanam ca, Krishna non invecchia mai, mantiene sempre un aspetto fresco e giovane.

Ha una predilezione particolare per i boschetti di Vrndavana, dove suona con abilità suprema il flauto. Le musiche che compone sono l’espressione della massima dolcezza. E’ detto nella Srimad-Bhagavatam che niente e nessuno riuscirebbe a resistere al suono meraviglioso di questo flauto. Quando le gopi lo ascoltano, perdono ogni senso del dovere e per correre da Lui abbandonano tutto, anche le stesse famiglie.

Il colore della Sua pelle è blu scuro, descritto come “il colore delle nubi di monsone cariche di pioggia”, e la pelle è morbida e liscia. Gli occhi hanno la forma dei petali del loto e sono “la forma stessa della bellezza”. I capelli sono lunghi e neri, e indossa sempre una corona, da cui spunta una piuma di pavone. I suoi vestiti sono in seta spesso gialla e celeste, e sul petto ha il segno di Srivatsa. E’ sempre adornato di una ghirlanda di fiori freschi, e in tutto il corpo sono visibili i segni del buon auspicio.

Secondo le scritture depositarie di questa grande saggezza, la forma di Krishna, Syamasundara, è la più bella di tutta la creazione. Le sue fattezze fisiche sono stupefacenti. Mai nulla è stato né sarà mai tanto bello. Nessuno, neanche i Suoi puri devoti, tutti dotati di grande controllo delle proprie emozioni, riescono a resistere di fronte a tanta meraviglia.

(Le gopi dissero): “O amiche, gli occhi che guardano il viso meraviglioso del figlio di Maharaja Nanda sono certamente fortunati. Quando i due figli di Nanda (Krishna e Balarama), accompagnati dai loro amici e dalle mucche, si addentrano nella foresta, tengono i flauti tra le loro labbra e guardano amorevolmente i residenti di Vrndavana. Per chiunque abbia occhi, non esiste migliore oggetto di visione.”
Srimad-Bhagavatam 10.21.7

Le gopi, le amanti spirituali di Krishna, dal cuore puro e privo di qualsiasi contaminazione materiale, non sono attratte da altre manifestazioni del Signore se non da quella.

(Le donne di Mathura dissero:) “Quali austerità devono aver compiuto le gopi? Con i loro occhi bevono sempre il nettare del viso di Sri Krishna, che è l’essenza stessa dell’avvenenza, che non può essere sorpassata o uguagliata. Solo in questa beltà dimora tutto il fascino, tutta la fama e tutta l’opulenza. E’ perfetta in sé, sempre fresca ed estremamente rara (da ottenere).”
Srimad-Bhagavatam 10.44.14

“La dolcezza di Krishna è senza precedenti… semplicemente ascoltando (parlare) di tale bellezza la mente diventa irrequieta.”
Caitanya-Caritamrta Adi-lila, 4.158

“Krishna stesso è attratto dalla propria bellezza…”
Caitanya-Caritamrta Adi-lila, 4.159

Nella Sua gioventù, madre Yasoda lo trucca, rendendolo ancora più affascinante. Il Suo corpo meraviglioso è addolcito da una ghirlanda di fiori freschi, da collane e bracciali. I Suoi occhi sono la punta massima di ogni bellezza.

Sri Krishna è dunque la personalità di Dio che celebra la bellezza, la gioia, l’amore. Non è un vecchio vendicativo con la barba che lancia fulmini a chi non si penta dei propri peccati. Al contrario il suo intero essere trabocca di gioia ed amore per chiunque.

Con lui i bhakta “giocano” eternamente. Ma i devoti non sono tutti uguali, sono persone con propri gusti personali, per cui a ognuno piace vivere con Dio in forme e modi diversi. Magari c’è chi può desiderare di vederLo come un Suo figlio, e Krishna lo accontenta, presentandosi a lui come un bambino bisognoso di educazione e protezione; altri come un guerriero su un campo di battaglia e Krishna combatte contro di loro, affannandosi per ottenere la vittoria al pari di un comune mortale; altri ancora lo vorrebbero come marito, o come amante, o come amico, oppure vorrebbero vederLo nell’atto di creare gli universi… Comunque lo si desideri, Krishna è sempre pronto a soddisfare i Suoi devoti.

Per il loro piacere e per il Suo, il Signore si espande in infinite forme che esistono in diversi luoghi dell’altrettanto infinito cielo spirituale.

Come capire e raggiungere Dio
D: Come possiamo capire Dio? e come raggiungerlo?

R: Comprendere Dio con la nostra immaginazione sarebbe impossibile. Chi avrebbe mai concepito tutte queste cose se le scritture vediche non ce le avessero raccontate? Per conoscerLo in profondità nei Suoi vari aspetti, dobbiamo ricevere le informazioni da una sorgente giusta e autorevole.

E nel momento in cui siamo così fortunati da ottenerle, inizia il processo di purificazione che ci porterà a realizzare chi siamo e qual è il rapporto eterno che ci unisce a Dio.

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