Che cosa significa Hare Krishna per me

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Che cosa significa Hare Krishna per me

di Mark Vickers, colonnello in pensione dell’Esercito Britannico

Il mio primo contatto con l’ISKCON avvenne all’incirca nel 1976, quando avevo quindici anni. Avevo scritto ai devoti del Bhaktivedanta Manor nel Regno Unito, dove ero cresciuto, ed essi gentilmente mi avevano inviato delle informazioni da cui rimasi subito affascinato. Nelle foto vedevo questi giovani uomini e donne che cantavano e danzavano in estasi ed ero curioso di sapere che cosa li rendesse così felici. Ricordo anche il profumo esotico del materiale che i devoti mi avevano inviato – era come se gli opuscoli fossero stati per mesi in una scatola d’incensi dal profumo delizioso. Sebbene la mia famiglia non fosse assolutamente religiosa, Dio e la Sua adorazione mi avevano affascinato fin dall’età di sette anni, quando ero diventato corista.

A undici o dodici anni, talvolta facevo delle letture in chiesa e completai un certo numero di corsi per corrispondenza sullaBibbia. Mentre i miei compagni di scuola erano fuori a giocare a pallone o andavano alla discoteca locale, il più delle volte rimanevo a casa a studiare la Bibbia o a dipingere, ma qualcosa mi spinse ad approfondire la conoscenza di quelle che allora vedevo come religioni orientali esotiche. Perché i giovani si rivolgevano verso quelle? Di che cosa si trattava? Che cosa erano quei “mantra”? Iniziai a sognare di andare in India, nel Lontano Oriente … il mio viaggio spirituale si ampliava sempre di più.

Mio padre, forse disperato per i miei sogni sull’Oriente e il mio desiderio di diventare un artista, mi spinse a tentare di essere selezionato come ufficiale dell’Esercito Britannico, allettandomi con racconti di viaggi, avventure ed anche un discreto salario. Con mia grande sorpresa superai gli esami d’ingresso e ancora prima di conoscerne il risultato, frequentavo la sesta classe di un collegio per potenziali ufficiali, alloggiati in una bellissima residenza nobiliare inglese. La mia mente continuava a tornare a quelle forti impressioni iniziali che avevo ricevuto quando per la prima volta avevo letto del Movimento Hare Krishna. Ricordo con chiarezza di aver sognato ad occhi aperti che un giorno avrei udito i devoti lungo il viale alberato che conduceva al college invitandomi a raggiungerli.

Una parte di me desiderava davvero che ciò si avverasse e una parte di me era spaventata al pensiero che accadessse – oh, l’immaginazione della gioventù! Fu solo quando iniziai il mio tirocinio alla Royal Military Academy di Sandhurst che ebbi alcune limitate opportunità di fare le mie prime visite al Bhaktivedanta Manor. Questo deve essere avvenuto verso la fine del 1979. Dopo aver completato con successo il difficile corso per il grado di ufficiale all’età di diciannove anni, immaginate la mia euforia quando nel 1980 mi fu detto che il mio primo incarico era a Hong Kong.

Un Piccolo Tempio, una Grande Impressione

Non molto tempo dopo essere arrivato in questo luogo affascinante, acquistai una piccola statua d’ottone di Krishna dall’orafo del campo militare. Era a buon mercato e semplice, ma desideravo tanto averla. Poi, con mia grande gioia, un giorno nel 1981 vidi una piccola insegna su un caseggiato: “Hare Krishna”. Mi diressi verso quell’edificio e suonai il campanello. Rimasi stupito nel trovare un piccolo tempio in un appartamento del nono piano (non quell’elegante tempio che attualmente si trova nel quartiere centrale di Kowloon), e provai un grande piacere ma anche un certo nervosismo. Era così piccolo che non si poteva nascondere alcun errore o ignoranza del protocollo. Iniziai a visitarlo con regolarità.

Al mattino mi alzavo presto e nella mia uniforme tropicale di combattimento prendevo un taxi per recarmi al tempio tutte le volte che potevo. Non posso affermare di averlo frequentato ogni giorno, proprio il contrario, ma abbastanza spesso da sentire di far parte di quella piccola organizzazione. Ricordo solo che allora pochissimi devoti frequentavano regolarmente il tempio ed è perciò meraviglioso vedere quanto sia stato ampliato ora. In seguito, quell’anno fui informato in modo entusiastico che Tamal Krishna Goswami (TKG) voleva che scrivessi un articolo su “Che cosa Significa Hare Krishna per Me” per la presentazione di questa rivista. A quel tempo Tamal Krishna Goswami era il guru residente di Hong Kong. Aveva fatto parte del Governing Body Commission dell’ISKCON fin dal suo inizio nel 1970 ed, essendo uno dei più fidati seguaci di Srila Prabhupada, era stato il suo segretario personale per i sette mesi precedenti alla dipartita di Prabhupada nel 1977.

Volevo fare ciò che mi chiedeva, ma sapevo che a causa della mia carriera dovevo essere molto attento a ciò che avrei detto. Tuttavia, accettai di scrivere qualcosa e lo feci con il cuore. Le fotografie furono scattate in un parco di Kowloon, sotto la direzione personale di TKG. L’articolo non fu mai pubblicato e in tutti questi anni ci ho pensato spesso. Nonostante tutto ciò che accadde in seguito, ho sempre pensato di essere in debito con TKG di un articolo su BTG intitolato: “Che Cosa Significa Hare Krishna per Me”. Un po’ dopo che ebbi scritto l’articolo, un devoto tutto eccitato mi disse che Tamal Krishna Goswami voleva vedermi privatamente nella sua stanza. Era un personaggio importante per lo sviluppo dell’ISKCON – e ora voleva vedermi! Il devoto mi diede precise istruzioni su come dovevo comportarmi e certamente riuscì a farmi battere forte il cuore quando entrai.

Ricordo chiaramente di aver visto TKG seduto là che mi guardava. Dopo una breve conversazione mi chiese di abbandonare la mia carriera per trasferirmi nel tempio. Nella mia ignoranza tutto ciò che riuscii ad immaginare fu di essere bloccato in quel piccolo appartamento per i decenni successivi. “Mi piace moltissimo venire qui,” dissi, “ma penso che potrei annoiarmi rapidamente dopo un anno o due.” Penso che fu l’unica volta che sorrise durante questo scambio alquanto formale. Mi guardò appena e con un gran sorriso disse: “Ebbene, se ti senti annoiato, non devi preoccuparti, certamente ti terrò occupato!” Risposi che non potevo farlo. Non apprezzai pienamente quello che mi veniva offerto. La mia sincerità era genuina, mi sentivo eccitato per la mia nuova carriera e sapevo quanto i miei genitori fossero orgogliosi di me. Come sarebbe cambiata la mia vita se solo avessi detto di sì!

Sfortunatamente in seguito ebbi delle divergenze su alcuni argomenti (non con TKG stesso) e così ebbe fine la mia frequentazione dei devoti. Cantavo i miei sedici giri e seguivo i principi regolatori e mi era stato suggerito di prendere l’iniziazione. Aspetto che quell’occasione si presenti ancora una volta, perché mi rammarico di non aver preso l’iniziazione allora. Raggiunta la maturità e avendo una certa esperienza di vita, con il senno del poi capisco che qualsiasi fossero le incomprensioni, erano dovute a devoti eccessivamente zelanti e ben intenzionati del nuovo tempio, che perseguivano il loro scopo.

Negli anni a seguire vidi persone di ogni estrazione sociale, ugualmente ben disposte, che cercavano di persuadere senza avere l’esperienza sufficiente per rendersi conto degli effetti contrari e indesiderati che un simile comportamento avrebbe potuto avere su caratteri altrettanto forti. Tutti cresciamo e nel corso degli anni cambiamo e fortunatamente impariamo. Nel 1982 fui trasferito in Germania, poi di nuovo nel Regno Unito un paio di anni dopo.

Un’Incomprensione a Soho

Il mio tentativo successivo di ravvivare il contatto durò poco. Alcuni anni dopo mi recai al tempio di Soho a Londra e fui invitato a fare una domanda alla fine della lezione quotidiana, prima della colazione. Di nuovo fui sincero, ma inavvertitamente, con la mia domanda innocente senza volerlo devo aver toccato un tasto dolente. Di recente mi è stato detto che in quel momento si erano verificate delle situazioni difficili e forse avevo proprio detto la cosa sbagliata nel momento sbagliato. Che vergogna, ma questo forse dimostra quanto dobbiamo essere sempre attenti a ciò che diciamo, a come lo diciamo e – se posso dirlo con rispetto – anche a come reagiamo. Volevo essere un devoto, invece me ne andai deluso. Gli anni passarono e diventai buddista. Nonostante ciò, il mio amore per Sri Krishna, per Srila Prabhupada e per TKG non diminuì mai, ma mi sentivo deluso e confuso.

TKG nel BTG

Poi, improvvisamente e misteriosamente, nel 2002 decisi che dovevo far visita al Bhaktivedanta Manor nel fine settimana. Non ero stato lì fin dal 1980 e (a parte “l’incidente di Soho”), l’ultimo vero contatto era avvenuto ad Hong Kong nel 1982. Fu una strana esperienza vedere i giovani devoti e non potei fare a meno di pensare come sarebbe stata diversa la mia vita se avessi preso una decisione differente venti anni prima. La visita mi piacque moltissimo e ritornai alla macchina esultante, ma proprio prima di partire improvvisamente avvertii il desiderio di vedere se Back to Godhead veniva ancora stampata. Tornai indietro fino alla reception, dove mi fu detto che avevano soltanto un numero arretrato. Mi indicarono il negozio dicendomi che là avrei potuto trovare l’ultimo numero.

Per qualche inesplicabile ragione, nonostante le loro proteste, insistetti a non voler l’ultimo numero della rivista, ma ad acquistare l’unico numero arretrato che avevano. Fu solo mentre mi recavo a casa che l’aprii e vidi che era un numero speciale in commemorazione di Tamal Krishna Gosvami. Anche oggi questo triste ricordo mi fa sentire un brivido lungo la schiena e mi fa venire le lacrime agli occhi. Dopo venti anni, fu come se in qualche modo fossi guidato a visitare di nuovo il Manor e poi ad acquistare quel numero particolare di BTG.

Fu come se mi dovesse esser detto che TKG era morto. Avevo sempre pensato che un giorno l’avrei incontrato di nuovo. Forse attribuisco troppa importanza a tutto ciò, ma per me questa è un’incredibile esperienza e mai fino ad allora avevo rimpianto così tanto di non aver apprezzato di più quello che mi era stato offerto a Hong Kong molti anni prima. Acquistai un’altra copia della bella Bhagavad-gita Così Com’è e altri libri piccoli e mi sentii più vicino che mai a Krishna. Il mio amore e un’assoluta ammirazione si moltiplicarono all’infinito. Continuai come buddista, ma spesso mi ritrovavo a cantare sottovoce il maha-mantra Hare Krishna.

Una Nuova Carriera

Andi avanti fino al 2007. Mi trasferii in Nepal, dove trascorsi tre anni affascinanti. Feci una visita al tempio ISKCON di Kathmandu, ma più vicino a casa avevamo il nostro “pandit” del campo. Gli feci sapere che sebbene fossi conosciuto come buddista (in realtà al livello buddista più alto dell’esercito britannico), ero anche devoto di Sri Krishna. Gli chiesi di assicurarsi che la nostra Divinità di Krishna nel mandir dell’accampamento fosse ben curata e che Krishna Janmastamifosse celebrato con solennità. Allora ero il capo e potevo dire la mia. Insistetti affinché Krishna Janmastami fosse uno dei giorni delle nostre vacanze pubbliche.

Avevamo solo un numero limitato di giorni di vacanza e potevo decidere (a ragion veduta) quali dovessero essere. La mia insistenza ad eliminare uno dei giorni di vacanza pubblica del Regno Unito per celebrare Janmastami non riscosse gran successo tra i componenti del mio Stato Maggiore. Poiché il mio soggiorno in Nepal stava per terminare, decisi che trentatre anni nell’esercito erano sufficienti e che per me era il momento di lasciarlo. Avevo la reputazione di essere un soggetto particolare – vegetariano da ventidue anni, praticamente astemio durante tutto questo tempo e buddista. Sentivo di dover dedicare il resto della mia vita a quello che nel mio cuore avevo sempre desiderato fare: concetrarmi sullo sviluppo spirituale e dipingere con la speranza di guadagnare del denaro da devolvere a giuste cause.

Dopo un giro operativo finale di sei mesi in Afghanistan, mi congedai e immigrai in Taiwan. Dal 1992 ero stato un devoto buddista ma mi sentivo frustrato per non aver fatto progressi. Sapevo che c’era di più. Mi sembrava di aver raggiunto un soffitto di vetro da cui non potevo uscire. Sentivo disperatamente il bisogno di trovare un guru con cui avere una relazione personale. Avevo bisogno di qualcuno che m’indicasse la direzione. Tuttavia, nonostante i miei sforzi, non trovai ciò che in cuor mio sapevo esistere. Pensavo sempre di più a Krishna. Mi abbonai a BTG, iniziai nuovamente a leggere la Bhagavad-gita e leggevo il più possibile online. Improvvisamente, le cose cominciarono ad andare al loro posto.

Online conobbi una coppia di straordinari devoti amici che furono molto incoraggianti, ispiranti e pazienti. Incontrai dei guruche trovarono il tempo di rispondermi via email. Nuovamente vidi la giusta direzione e questa volta non avevo più dubbi. Immediatamente mi misi a cantare almeno sedici giri, ma a differenza dei miei tentativi ad Hong Kong, dove talvolta mi sentivo di doverlo fare, adesso ero e sono io che trovo piacere nel farlo. Ogni giorno leggo la Bhagavad-gita come anche gli altri meravigliosi libri di Srila Prabhupada. Ho cominciato a dipingere immagini devozionali di Krishna. Ho preso contatto con il tempio ISKCON di Taipei e recentemente ho fatto un viaggio di circa due ore per ascoltare l’ispirante racconto di Hari Sauri Dasa sulla sua esperienza con Prabhupada. Mentre cantavamo, la mia ignoranza e la mia mancanza di conoscenza furono anche troppo evidenti perché sbagliavo i versi di risposta durante il kirtana, tuttavia mi sentivo a casa e rimasi seduto con un grande sorriso e con il cuore riscaldato da Radha-Krishna e dal maha-mantra.

Cantai pieno di gioia con gli altri cari devoti, sentendomi leggero e meravigliosamente felice. Tutti mi hanno accolto calorosamente e ciò mi ha fatto sentire di essermi riunito a una famiglia dalla quale mi ero allontanato. Sono determinato a realizzare un altro sogno: visitare Vrindavana e Mayapur il prossimo autunno. Per concludere, desidero dire che nonostante gli alti e i bassi, e gli errori compiuti lungo il cammino, il mio amore per Krishna è eterno e questa organizzazione dell’ISKCON, per mezzo della quale Srila Prabhupada portò misericordiosamente la coscienza di Krishna a così tante persone, deve essere apprezzata come il meraviglioso gioiello che certamente è.

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